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Cinema: ‘Fatwa’, un padre contro il radicalismo che divora i figli della Tunisia

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E’ la storia di un padre che perde il figlio senza accorgersene, un figlio reclutato segretamente da gruppi dal radicalismo islamico e che morirà in circostanze non chiare. Quando Brahim farà ritorno in patria dalla Francia, dove vive dall’epoca del suo divorzio, per seppellire il figlio, scoprirà però, indizio dopo indizio, la realtà clandestina dell’integralismo nella Tunisia del 2013, due anni dopo la cacciata di Ben Ali e la rivoluzione.

Si intitola “Fatwa” il film di Mahmoud Ben Mahmoud sullo schermo della Sala Trevi a Roma giovedì 13 dicembre alle 21, in concorso nell’ambito del Festival del Terzo Millennio – alla proiezione farà seguito un dibattito con lo stesso regista. Già premiato con il Tanit d’Or all’ultimo Festival del cinema di Cartagine in Tunisia, il film si è visto assegnare anche un secondo riconoscimento: quello per il miglior attore ad Ahmed Hafiene, interprete del protagonista, che vive da decenni in Italia dove è noto in particolare per il ruolo di Hassan ne “La giusta distanza” di Carlo Mazzacurati, e per altri lungometraggi. Per Hafiene è stato il secondo premio nel più antico festival den Nord Africa, mentre ‘Fatwa’ è stato premiato anche all’ultimo Festival Internazionale del Cinema del Cairo.

“il film racconta il dramma familiare che ruota intorno ad un figlio che si è perso nella rete del terrorismo – dice Hafiene parlando con Articolo 21 – dopo essersi trovato in uno stato di debolezza psicologica seguita alla separazione dei genitori: il messaggio è che non dobbiamo lasciare che i singoli si perdano, hanno bisogno della solidarietà degli altri”.

Un messaggio che va al di là dei confini nazionali, ma parla molto anche delle difficoltà politiche e sociali della Tunisia della transizione post-rivoluzionaria verso la democrazia. Nel 2013 governava, come partito di maggioranza nell’Assemblea Costituente, il partito islamico Ennahda, mentre nel Paese vi erano pericolose derive estremiste che portarono in febbraio all’assassinio di Shukri Belaid e, alcuni mesi dopo, di Mohamed Brahmi, due leader dell’opposizione uccisi entrambi da elementi jihadisti. E’ a quest’ultima realtà –  sviluppatasi in un Paese che è riuscito a diventare l’unico modello di democrazia di successo nato dalle rivolte arabe di due anni prima – che guarda il film di Ben Mahmoud. Un fenomeno che ha radici in interpretazioni deviate dell’islam sostenute e alimentate da ben identificabili potenze regionali, ma che si nutre anche di disoccupazione, ignoranza e mancanza di prospettive diffuse tra milioni di giovani tunisini.

“E’ vero, la Tunisia è riuscita ad essere un modello e stiamo attraversando gli ultimi travagli per diventare una democrazia al 100% – commenta Hafiene – ma perché questo processo si compia c’è un grande bisogno anche di cultura. La cultura, e con questa il cinema, sono vitali per costruire una nuova Tunisia, come lo è stato per l’Italia il cinema del dopoguerra. Anche il cinema tunisino sta crescendo, siamo passati ad una dozzina di produzioni all’anno e con una sempre migliore qualità nelle sceneggiature. Ma per questo c’è molto bisogno di co-produzioni e di collaborazione anche dall’Italia”.

I cineasti tunisini, prosegue l’attore  vogliono raccontare in primo luogo vicende e drammi umani dal valore universale, “ma il cinema è inevitabilmente anche lo specchio di un Paese, e sempre più tunisini vanno al cinema con molte aspettative in tal senso”. C’è dunque attesa in Tunisia anche per l’uscita di ‘Fatwa’ nelle sale, prevista per gennaio.

Quanto a lui, Hafiene, la difficoltà maggiore nel suo ruolo “era la necessità di tenere insieme il dolore della ferita della perdita del figlio e di conservare una certa dignità”. Il resto lo farà la madre del ragazzo, Ghalia Benali, una parlamentare nel film e interprete di quel volto laico della Tunisia che tanta parte gioca anche oggi, insieme ad una maggioranza musulmana lontana da ogni estremismo, nel futuro di un Paese che è il nostro vicino più prossimo al di là del Mediterraneo.


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