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Una sottile coercizione morale. ‘La diseducazione di Cameron Post’

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1993. Cameron è una normale adolescente americana che sta scoprendo la propria sessualità. Ha un ragazzo ma ha anche una storia con Coley, la sua migliore amica. Durante il ballo di fine anno si apparta con lei in macchina ma sfortunatamente viene sorpresa dal fidanzato.

Da quel momento ha inizio la sua tragedia.

La zia, devota cristiana che si prende cura di lei dopo la morte dei genitori, decide di mandarla in un centro dove fanno terapia di conversione. A capo della struttura c’è il reverendo Rick (ex gay riconvertito) e la dottoressa Marsh convinta che gli adolescenti diventino omosessuali a causa di traumi infantili. Nel centro apparentemente non c’è nessuna coercizione. Gli ospiti sono liberi di cantare in gruppo, di studiare, di passeggiare e non sono sottoposti a nessun controllo, tranne la notte quando il reverendo Rick apre all’improvviso le stanze, per essere sicuro che non avvengano rapporti illeciti. Ciò che però pian piano emerge è una violenza psicologica più sottile che porta i ragazzi a non accettarsi e a sviscerare continuamente il proprio passato per dimostrare come l’omosessualità sia la punta dell’iceberg di un disagio più profondo. Cameron si sente confusa e abbandonata ma grazie all’amicizia con Adam e Jane riuscirà ad avere più chiarezza e a comprendere che non solo loro quelli sbagliati.

La terapia di conversione sembra appartenere ad un passato lontano o una realtà distopica eppure esistono ancora diversi centri nel mondo che la compiono, situati anche negli Stati Uniti o in Europa. Ciò nonostante l’Organizzazione Mondiale della Sanità si sia pronunciata dichiarando che l’omosessualità, la bisessualità e la transessualità non possano essere in nessun modo considerate malattie.

Il film, che è tratto dall’omonimo romanzo di Emily M. Danforth, vuole investigare questo frammento di realtà, di cui raramente si parla, anche se ricordiamo che nel 1999 uscì But I’m Cheerleader di Jamie Rabbit con la straordinaria Natasha Lyonne (Nicky in Orange is the new black) che con molto humor racconta l’esistenza di uno di questi centri. Se in quel caso si era optato per uno stile parodistico, forse anche per distaccarsi dalla contemporaneità, per La diseducazione di Cameron Post, Desiree Akhavan ha scelto un’estetica più naturale. La sua ricostruzione degli anni ’90 pur essendo abbastanza verosimile non è pedissequa né vintage, ha creato infatti un ritmo lento dal retrogusto grunge che riesce a trasmettere l’atmosfera di quel periodo, in cui si respirava voglia di ribellione ma anche una certa confusione.

Ricordiamo che Akhavan (classe 1984) è al secondo film dopo il debutto del 2014 con Appropriate behavior, un film autobiografico e ironico presentato con successo al Sundance Film Festival. La regista è apertamente bisessuale e non a caso l’ultimo suo lavoro è la serie Bisexual trasmessa dalla tv inglese Channel 4, dove compare sia come regista sia come attrice protagonista.

The Miseducation of Cameron Post

USA, Genere: Drammatico
durata 90′
Regia di Desiree Akhavan
Con Chloë Grace Moretz, Sasha Lane, Forrest Goodluck, Jennifer Ehle, John Gallagher Jr., Emily Skeggs, Quinn Shephard, Christopher Dylan White


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