30 anni fa, Giorgio Bocca intitolava un suo celebre libro: Gli italiani sono razzisti?. E’ una domanda ciclica che ha una risposta equivoca, falsata dalle vicende politiche che governano maldestramente processi sociali e da piccoli o grandi flussi migratori. La capacità di creare paura rispetto a chi arriva con un volo di linea o su un barcone è direttamente proporzionale alla incapacità di far testimoniare agli stessi cittadini italiani come, spesso, in tutta la nazione, esempi, buone prassi, storie a lieto fine, diventano il migliore antidoto alla paura di prossimità, quella che risiede nel vicino di casa, al parco, nella scuola o nel lavoro.
Quale migliore occasione allora per raccontare la storia di Amal una cittadina italiana, arrivata in Italia 13 anni fa. Era poco più che una bambina, non parlava italiano e la Sardegna era una terra distante, che prendeva forma nella sua mente dai racconti che il padre faceva a lei e alla sua famiglia quando andava a trovarli in Marocco. Giunta a Uta nel 2005, dopo una lunga trafila burocratica per ottenere il visto, Amal viene proiettata in una realtà che non le appartiene, inizia a frequentare le scuole medie sia la mattina che la sera. Per un anno intero usciva da casa la mattina e rientrava alle 22, viveva a scuola, aveva voglia di imparare e di integrarsi, di non sentirsi esclusa dal gruppo di amici solo perché straniera o perché non capiva bene l’italiano.
Poi arrivano gli anni delle scuole superiori e il trasferimento della sua famiglia a Guasila, ma lei non vuole scappare, non vuole rinunciare a frequentare la scuola che desidera, e allora l’unica alternativa possibile è quella di rimboccarsi le maniche e iniziare a lavorare, anche se hai solo 16 anni, anche se dopo una mattinata passata tra i banchi di scuola vorresti uscire con le tue amiche, anche se questo significa lasciare la propria famiglia. Così dopo gli anni trascorsi a Uta si trasferisce a Iglesias, malgrado ogni giorno per arrivare a scuola dovesse svegliarsi all’alba e fare un viaggio di quasi 50 km, non perde mai la tenacia e soprattutto il sorriso che non le viene tolto neppure quando sa di non poter partire con gli altri compagni del gruppo teatrale della scuola perché lei non è italiana.
L’ambasciata con poco preavviso non sa se può garantire il visto e lei deve sentirsi ancora una volta diversa, esclusa, perché anche se è cresciuta in Italia, resta una straniera. Poi arriva il diploma, ottenuto con tante rinunce e sacrifici, celebrato nel giorno dell’esame indossando l’abito tipico del Marocco, orgogliosa delle sue origini che perfettamente si erano amalgamate con il suo essere italiana.
Dopo il diploma Amal decide di dedicarsi allo studio delle lingue e alla cooperazione, trascorrono così gli anni da studentessa universitaria, tra l’estenuate lavoro a Capoterra e il sevizio civile a contatto con migranti e rifugiati. Vuole far parte di quel sistema di accoglienza e integrazione, vuole in qualche modo restituire ciò che lei ha ricevuto da quando è arrivata in Italia, vuole essere la prova tangibile che migrante non è sinonimo di delinquenza, Amal nel suo piccolo vuole insegnare agli altri ad essere italiani.
Ha dovuto aspettare anni perché il suo sentirsi italiana si trasformasse in diritti e doveri, un riconoscimento che va aldilà della carta d’identità, è il timore che allo scadere del permesso di soggiorno i tuoi documenti non siano più idonei per stare qua, è il dover rinunciare alla gita di classe perché hai bisogno di un visto, è dover guardare perplessa i volti delle persone che ti additano come straniera solo perché indossi il velo o hai un cognome difficile da pronunciare; essere cittadina senza cittadinanza è dover lottare ogni giorno per la tua identità.
Il 30 ottobre Amal ha giurato nelle mani della sindaca di Guasila, il comune dove ha la residenza, l’ha fatto sulla costituzione italiana. Due sogni, la cittadinanza e la costituzione, entrambi avverati e vivi oggi con una figlia di una terra, la Sardegna, che è sempre stata capace di accogliere. Oggi Amal è cittadina italiana ma in fondo lo è sempre stata.