Parlano gli attivisti e le organizzazioni che in questi anni hanno coadiuvato il presidio. Costa (Baobab): “50 persone dormono in strada, non li lasceremo soli”. Intersos: “Da due anni c’è una proposta delle ong oer gestire gratis un desk, nessuna risposta dal Comune”. Indetta una manifestazione sotto Montecitorio per il prossimo 23 novembre
ROMA – Anche ieri sera, come il giorno prima, circa 50 persone hanno dormito per terra, all’ingresso della stazione Tiburtina, dopo lo sgombero del presidio umanitario di Baobab experience situato poco distante, nella parte est della stazione. “Questa mattina non si contavano le persone, semplici cittadini, che hanno sentito le notizie in tv e sono venuti a portare la colazione ai ragazzi – spiega Andrea Costa, coordinatore di Baobab experience -. Questi tre anni non sarrebbero stati possibili senza il supporto vero e reale della cittadinanza. Come diciamo da sempre il Baobab non ci dovrebbe essere. Quando abbiamo deciso di riunirci e organizzarci in rete con le associazioni, mettendoci il cuore e l’impegno, lo abbiamo fatto perché siamo convinti che accogliere e portare solidarietà ai migranti non sia solo giusto ma anche un dovere di tutti, quando intorno non c’è nient’altro. Per questo lo sgombero di due giorni fa non ci fermerà, come non ci hanno fermato i 21 precedenti. Noi continueremo ad esserci per queste persone”. Per ora la presenza dei volontari, che portano la colazione e un pasto caldo alle persone rimaste in strada, viene tollerata ma – spiega ancora Costa – “non ci permetteranno di restare per molto davanti l’ingresso di quella che è la stazione moderna dell’alta velocità e dove sorge anche il palazzo della Bnl. Stiamo provando a riorganizzarci chiedendo strutture alle associazioni che ci supportano da anni. Intanto a Tiburtina non possiamo aprire tende e gazebo”. Costa ha anche annunciato una manifestazione sotto Montecitorio il prossimo 23 novembre alle 15, nel giorno in cui il decreto sicurezza voluto dal ministro Salvini approda alla Camera.
A fare il punto sulla situazione delle persone sgomberate dal presidio è Giovanna Cavallo della Rete legale di supporto ai migranti (di cui fanno parte anche A Buon diritto, Cir, Radicali Roma). “Al presidio al momento dello sgombero c’erano 193 persone: solo 24 sono state trovate senza regolare documento, perché scaduto o perché da chiedere come richiedenti asilo. Non c’erano ‘clandestini’ come dice una certa propaganda vigliacca. Quelli che hanno ricevuto decreto di espulsione sono 10 non 24, e su questo chiediamo chiarimenti – sottolinea -. 132 persone sono titolari di protezione umanitaria e 32 di protezione internazionale. La sala operativa sociale del Comune di Roma parla di 180 persone, di queste sono state accolte125, le restanti 57 restano per strada per motivi che non sappiamo. Da voci informali – aggiunge – sappiamo che non ci sono più posti: i centri in cui vengono accolte le persone sono quelli del circuito ordinario di accoglienza del Comune di Roma, ci si può solo dormire ma non vengono offerti servizi”. Cavallo spiega inoltre che dei 57 senza accoglienza, solo 3 hanno rifiutato: una persone perché si trovava in ospedale, un’altra perché il centro è lontano dal posto di lavoro, un altro perché non voleva tornare in accoglienza. “Non abbiamo avuto nessun riscontro da parte di Roma capitale ma gli ospiti ci hanno detto che l’accoglienza è temporanea e durerà da 30 a 60 giorni”.
“Siamo preoccupati per quello che sta avvenendo a Roma dove l’unica politica che viene fatta è una politica di emergenza e non di risoluzione dei problemi – aggiunge Luca Blasi di Intersos -. In questi due anni abbiamo condiviso momenti difficili dopo lo sgombero di via Cupa. Tutte le volte che abbiamo chiesto aiuto al Comune di Roma ci è stato detto che i centri erano pieni, fino all’altro ieri quando sono usciti questi 140 posti poco prima dello sgombero. Noi continuiamo a registrare flussi di minori stranieri non accompagnati e di donne eritree. Solo nell’ultimo periodo ne abbiamo contati 500, il 90 per cento sono passati dal Baobab, che li segnala a noi per l’assistenza. E, a fronte di un flusso che sta continuando trovato imbarazzante che mentre ci sedevamo al tavolo col Comune per capire come trovare una soluzione, ci si sia arresi ai tempi dettati dal ministero dell’interno. Pensiamo che con lo sgombero di Baobab ora Roma sia più insicura: lì si toglievano dall’illegalità tantissime persone, aver sgomberato il Baobab vuol dire mettere in pericolo non solo loro, ma tutti noi”.
Le associazioni hanno ricordato che dal 2015 si parla dell’apertura a Roma di un centro per migranti in transito da realizzare proprio nei pressi della stazione Tiburtina. “Quello dell’infopoint alla stazione è uno dei fantasmi che girano in questi anni. Il posto individuato era l’ex Ferrhotel, oggi il tema è tornato ed è stato discusso nel consiglio del II municipio, ma sono tutte promesse che non verranno realizzate – afferma Andrea Costa – Noi speriamo invece che questo progetto veda la luce, è quello che chiediamo da tre anni, perché ci preoccupa il vuoto intorno. Chiediamo alla sindaca anche solo un gazebo perché i migranti che continuano ad arrivare a Roma possano trovare un mediatore linguistico e culturale ad indicargli la strada”. Luca Blasi ricorda che già due anni fa du depositata una proposta delle ong per l’apertura di un desk a Tiburtina: “Volevamo creare un help center, ci siamo resi disponibili gratuitamente: è una proposta che sarebbe a costo zero per l’amministrazione ma non è mai stata realizzata”. (Eleonora Camilli)