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#ScortaMediatica, Ostia abbraccia Federico Ruffo. Il giornalista: «Più delle minacce preoccupa il clima di odio»

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Lorusso e Giulietti: «La Fnsi pronta a costituirsi parte civile». Verna: «Gli attacchi ai cronisti non sono degni di un Paese civile». Cerrato: «Come rappresentanti della categoria dobbiamo continuare a farci carico di tutti». Di Trapani: «La Rai inizi a fare il suo dovere garantendo il contratto ai giornalisti».
Associazioni, cittadini, rappresentanti degli organismi della categoria. Tutti insieme a Ostia, nonostante la pioggia battente, per avvolgere in un abbraccio le giornaliste e i giornalisti minacciati e aggrediti solo per aver fatto il proprio lavoro ‘con la schiena dritta’. Pochi giorni dopo la pesante intimidazione a Federico Ruffo, autore per Report di una inchiesta su calcio e malaffare, la ‘scorta mediatica’ è tornata sul litorale romano.

«Chi minaccia un cronista minaccia tutti i cronisti, ma soprattutto attacca il noi collettivo rappresentato dai cittadini che vogliono essere Informati. Prima il giornalista colpito era isolato, ora la scorta mediatica inizia a funzionare. Ora Federico sa di non essere solo», ha esordito il presidente della Fnsi, Giuseppe Giulietti, che ha poi inviato il saluto della piazza a Federica Angeli e ringraziato il presidente Mattarella per essere più volte intervenuto in difesa dalla libertà di stampa. «Ai vertici della Rai, per cui Federico lavora, dico infine: fate un comunicato in meno e un contratto in più ai giornalisti precari», ha concluso Giulietti.

«Se Federico lo vorrà, come abbiamo già fatto in altri casi, siamo pronti a costituirci parte civile in un eventuale processo», ha anticipato il segretario generale Raffaele Lorusso, che si è poi rivolto alla Rai e agli editori in generale. «Il lavoro precario – ha detto – finisce per sminuire l’informazione. Devono rendersene conto gli editori della carta stampata che con noi hanno condiviso l’iniziativa di rilanciare l’articolo 21 della Costituzione, ma anche il servizio pubblico, dove numerosi colleghi fanno informazione, lavorano per programmi che sono di informazione ma non hanno nessun inquadramento giornalistico».

All’iniziativa, promossa da Federazione nazionale della Stampa italiana, Usigrai, Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti e Articolo21, erano presenti anche il presidente della Casagit, Daniele Cerrato; il presidente del Cnog, Carlo Verna; il segretario dell’Usigrai, Vittorio Di Trapani; la portavoce di Articolo21, Elisa Marincola.

«Gli attacchi ai giornalisti di queste ultime settimane non sono degne di un Paese civile. Non saranno le minacce a fermarci. Siamo accanto a chi rischia di più e che per questo merita di essere abbracciato», ha detto Verna. «Come rappresentanti della categoria dobbiamo tutti continuare a farci carico di tutti i giornalisti, che abbiano un contratto di lavoro dipendente o no, di tutti quelli che subiscono minacce e pressioni come di tutti coloro che non hanno diritti, tutele e garanzie», ha ribadito Cerrato.

«Federico ha dimostrato di saper fare il suo dovere di giornalista, mentre la Rai non ha voluto fare il suo dovere di azienda editoriale. La Rai scopre il valore dei suoi giornalisti dopo che succede qualcosa. Basta telefonate del giorno dopo. È ora del contratto del giorno prima. La Rai inizi a fare il suo dovere», ha incalzato Di Trapani. Mentre Elisa Marincola, anche in rappresentanza della redazione di Report, ha ringraziato i presenti e quanti hanno fin da subito espresso vicinanza e solidarietà a Federico Ruffo.

In piazza con i rappresentanti dei giornalisti anche l’associazione Noi Antimafia, i rappresentanti di Libera informazione e del presidio ‘Giancarlo Siani’ di Libera di Ostia, i giornalisti della rete NoBavaglio e dell’associazione Amici di Roberto Morrione, il segretario dell’Unione cattolica stampa italiana (Ucsi), Maurizio Di Schino.

«Più delle minacce – ha detto Federico Ruffo – mi preoccupa il clima di odio che stiamo vivendo. C’è chi ha scritto: ‘Ruffo è credibile sono se diventa una torcia umana. E potrebbe anche darsi fuoco da solo per fare lo scoop’. Circolano sul mio conto post su blog e social che parlano di cose assurde, di storie di tradimenti, di dispetti tra colleghi. Non c’è più interesse per la verità. Non conta che la notizia sia documentata, è più importante che incontri la nostra idea di verità. Dobbiamo fare in modo che la gente torni ad avere rispetto per la verità. Serve educazione. Serve gentilezza. Serve disinnescare questo clima di odio».


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