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Padre Paolo Dall’Oglio, il mistero della valigia restituita dopo tre anni

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Importanti rivelazioni del giornale La Croix.  A tanti anni dal sequestro di padre Paolo Dall’Oglio a Raqqa da parte dell’Isis le autorità italiane  a inizio 2018 informavano familiari e confratelli del gesuita romano che erano giunti dei suoi effetti personali, quelli che dal 29 luglio 2013, giorno del suo sequestro a Raqqa, loro avevano sempre cercato. Ma ci volle ancora molto tempo prima che costoro potessero entrarne in possesso. Lo rivela il giornale cattolico francese ripreso dal sito di informazione religiosa de La Stampa, Vatican Insider, aggiungendo che quei beni, un tablet, telefonini, relative password, quaderni, appunti e altro, erano in mani italiane dall’estate del 2014. Scandagliando questa vicenda La Croix  dunque avrebbe appurato che ci sarebbero voluti tre anni perché quegli oggetti  venissero  consegnati. Cosa è successo?

E’ successo che nel 2014 una delle persone che ospitò Dall’Oglio fuggì da Raqqa, portando con sé quegli effetti del suo amico, in Turchia. Qui incaricò un suo conoscente di consegnarli al consolato italiano più vicino, convinto che si trovasse nella città turca di Gazantiep. Ma l’incarico non venne portato a termine nelle modalità concordate. Questa seconda persona incaricò un terza. Dopo aver osservato tra le carte del gesuita romano questi portò la valigia a Parigi, dove un  esule  siriano la consegnò all’ambasciata d’Italia. Nessuno di costoro risulta essere stato contattato dagli italiani, che solo nel 2018 avrebbero informato dell’esistenza di questa valigia  famiglia e comunità. Perché? Non lo sappiamo.  La Croix ricorda che alcuni sottolineano che all’inizio del 2018  i servizi segreti italiani avrebbero ricevuto a Roma- stando a quanto affermato da Le Monde senza ricevere smentite- il capo dei servizi di intelligence siriani, Ali Maklouf, ora  ricercato con mandato di cattura internazionale dalla magistratura francese. Maklouf al tempo del probabile viaggio romano era nella lista nera europea, accusato di crimini contro l’umanità. Sono state le foto dei massacri nei penitenziari siriani, fatte arrivare in Europa dal fuggiasco agente siriano Caesar ed esposte a fatica in Italia per iniziativa della Federazione Nazionale della Stampa, di Articolo21, della Focsiv e di Unimed a consentire a un giudice francese di emettere questo mandato di cattura, visto che tra gli assassinati c’erano parenti di cittadini franco-siriani.

Questa complessa vicenda è andata proprio così? E se sì, perché? Questa domanda richiede una risposta.


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