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Non si rottama la Costituzione

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La vittoria del No al referendum costituzionale del 2016 ha inaugurato un nuovo genere letterario, che potrebbe essere così definito: “ma che fine hanno fatto quelli che il No?”. È un genere che si rivolge agli animatori del fronte contrario alla revisione, per chieder loro conto del silenzio mantenuto di fronte a questo o a quel comportamento che, a dire dei frequentatori del nuovo genere, minaccerebbe – questa volta per davvero – la Costituzione.

Il genere spopola sui social network, soprattutto grazie a Renzi e ai renziani che – tacendo sul fatto che avrebbero finito col regalare a Salvini e Di Maio i nuovi poteri costituzionali – non perdono occasione per rinfacciare ai “professoroni” del No la loro mancata mobilitazione in servizio permanente ed effettivo. Non mancano, peraltro, gli estimatori sui giornali. Da ultimo, si è aggiunto Angelo Panebianco sul Corriere della Sera, grazie a un editoriale che – forse proprio perché arrivato per ultimo – si pone come una “summa” del genere in commento.

A parte l’astio che sgorga dalla penna di chi, evidentemente, non riesce a rassegnarsi al fatto che, negli ultimi dieci anni, il corpo elettorale abbia per due volte democraticamente deciso di non dar corso ai progetti di stravolgimento della Costituzione; a parte la ripresa ostinata e ripetitiva delle più trite argomentazioni già spese a favore del Sì nel corso delle campagne referendarie (bisogna ammodernare, snellire, velocizzare, ecc.); a parte la mancata conoscenza dell’effettivo funzionamento degli altri ordinamenti costituzionali chiamati a testimoniare della bontà delle riforme tanto desiderate (non si ripeterà mai abbastanza che in nessuna democrazia costituzionale il “manovratore” è libero di agire indisturbato): a parte tutto ciò, due cose lasciano perplessi.

La prima è che le coscienze dei cultori del nuovo genere letterario sono animate da un’indignazione a senso unico. A turbarli sono solamente le dichiarazioni riconducibili al Movimento 5 Stelle: gli attacchi (effettivamente molto gravi) sferrati da Grillo al Presidente della Repubblica, da Casaleggio al Parlamento, da Di Maio alle autorità indipendenti. Non una parola, invece, sulle lesioni già apportate alla Costituzione da Salvini sui temi dei migranti, della cittadinanza e della legittima difesa né su quelle che arriveranno in materia di progressività fiscale (e, conseguentemente, di diritti sociali) con la flat tax e in materia di eguaglianza con la separazione, in corso d’opera, delle più ricche regioni del Paese dal resto dell’Italia. Evidentemente, sono questioni che incontrano il favore dei censori del No, a dimostrazione – se mai ce ne fosse stato bisogno – che non è la Costituzione a essere al centro delle loro preoccupazioni, bensì il suo mancato stravolgimento nel senso auspicato.

La seconda è che non è vero che dirigenti e militanti del fronte del No siano rimasti in questi mesi in silenzio di fronte alle più preoccupanti iniziative poste in essere dalla maggioranza pentaleghista. Le manifestazioni, gli appelli e le prese di posizione da parte delle associazioni e dei loro singoli esponenti più rappresentativi – a partire da questo giornale – sono stati molteplici e su temi variegati: dalle magliette rosse alla difesa dell’esperienza di Riace, dalle iniziative a sostegno dei bimbi di Lodi alle manifestazioni “Mai più fascismi”, dalla denuncia delle sirene della democrazia diretta alla riaffermazione della centralità del Parlamento e del ruolo dei partiti politici. Per non dire degli innumerevoli incontri pubblici e dei convegni di studio che continuano a tenersi in tutta Italia, animati da un associazionismo “costituzionale” quanto mai vitale. Semplicemente, tutto ciò avviene nel silenzio dei più seguiti organi di informazione.

Magari, la prossima volta, prima di pubblicare l’ennesimo articolo su “ma che fine hanno fatto quelli che il No?”, il Corriere della Sera potrebbe provare a offrire le sue colonne a un esponente dell’ex Comitato del No: scommettiamo che quel che scriverà sarà una sorpresa per tutti, a partire dai suoi prestigiosi editorialisti?

il manifesto

Da libertaegiustizia


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