Vivevano in Italia dal 2008. Lui e lei avevano un lavoro. I figli, di due matrimoni diversi, bei voti a scuola. Poi il matrimonio, in Marocco, nell’estate 2017. Al ritorno lei viene bloccata a Malpensa e rispedita a Marrakech, colpa di un Cud ritenuto falso: è stata un anno e mezzo senza vedere la bimba di 4 anni e il marito
MILANO – Li hanno respinti all’aeroporto di Malpensa per una dichiarazione dei redditi ritenuta falsa, spaccando di fatto una famiglia di sei persone (di cui tre minorenni) per oltre un anno. Lo hanno fatto dicendo che la donna guadagnava troppo rispetto alla realtà. Oggi dei giudici le danno ragione. “Il Tribunale dei minorenni di Milano, riunito in Camera di Consiglio”, deliberando in via definitiva, “autorizza A.B e A.T. a permanere in Italia, unitamente a tutti i figli minori”. Sono la prima e l’ultima frase di uno striminzito decreto di quattro pagine del Tribunale per i minorenni del capoluogo lombardo. Con questo pezzo di carta una madre e moglie, un padre e marito e quattro fra bambini e ragazzi potranno ricongiungersi dopo oltre un anno.
In quelle quattro pagine c’è la storia, stilizzata, di come una famiglia marocchina sia stata distrutta o quasi da un mix letale di leggi, zelo della Questura di Milano e datori di lavoro. È successo l’11 settembre 2017 all’aeroporto di Malpensa. L’esito di questa storia ha portato l’uomo a perdere il suo lavoro in Italia. Dove, almeno lui, un operaio marocchino del settore logistica, è potuto rientrare anche se separato da sua moglie per un anno e tre mesi. Moglie che lo aveva sposato poche settimane prima, dopo anni di convivenza. Erano tornati in Marocco l’1 agosto 2017: un mese d’estate da spendere in patria, proprio per celebrare il matrimonio assieme alla famiglie. Decidono di rientrare separati: lei in aereo con i ragazzi, perché il giorno dopo ricomincia la scuola in Italia; lui riportando indietro la macchina. Lei la bloccano a Malpensa e la rispediscono a Marrakech. Lui può rientrare e rimanere in Italia assieme alla loro bambina di quattro anni. Con la mamma tornano invece in Marocco due ragazzi di 17 e 13 anni all’epoca: sono due dei tre figli del primo matrimonio. Il più giovane, 14enne, perde un interno anno di scuola. In nord Africa non sa che farsene dell’istruzione: non ha mai frequentato un istituto marocchino, non può nemmeno pensare di partecipare alle lezioni perché non scrive in arabo, visto che vive fra Milano, San Donato e Vizzolo Predabissi sin da piccolo. Forse ne perderà anche un secondo di anno scolastico o comunque sarà svantaggiato rispetto ai suoi compagni. Nella migliore delle ipotesi potrà entrare in classe a dicembre del 2018, con quasi tre mesi di ritardo. Prendeva bei voti, prima. L’avvocato della famiglia, Livio Neri, ha presentato al tribunale il “documento di valutazione dell’anno 2016-2017” e una dichiarazione del dirigente scolastico.
Il motivo per cui la polizia di frontiera ha bloccato la signora marocchina nel settembre 2017 è semplice: guadagnava troppo, sostenevano. Il suo Cud 2017 sarebbe stato falso e avrebbe riportato un reddito da lavoro superiore a quello reale. Con questa motivazione gli agenti di polizia le notificavano, direttamente in aeroporto, il rifiuto del Questore di Milano di rinnovarle il permesso di soggiorno e un decreto di respingimento alla frontiera. Cosa è successo? Fra 2011 e 2016 la donna ha lavorato per una società di servizi bulgara basata a Sofia, con sedi anche a Milano e nel monzese. Lei è addetta alle pulizie presso uffici e aziende: 20 ore a settimana, 6,50 euro orari. Sulla carta. Perché il datore di lavoro versa alla lavoratrice contributi in modo discontinuo e consegnava buste paga per importi inferiori. Fino a quando, nel 2016, alla donna non viene consegnato un Cud nel quale si parla di un reddito complessivo di 4000 euro. Troppo basso. Lei si arrabbia, protesta con la direzione del personale e si fare una Certificazione Unica nuova e aggiornata con le cifre reali. Con il nuovo Cud chiede il rinnovo del permesso di soggiorno e la conversione dello stesso in permesso per soggiornanti di lungo periodo nell’Unione europea (è in Italia dal 2008, con un permesso per lavoro subordinato). Poi cambia mestiere. Va a lavorare come collaboratrice domestica per una signora italiana: 25 ore a settimana, 614 euro mensili, come dimostrano le ultime due buste paga di quell’anno. La Questura vaglia la sua domanda, decide che quel Cud non corrisponde al vero e invece di cercare un chiarimento si decide per il respingimento in frontiera di lei e dei suoi figli al seguito. Nonostante, come si legge nel decreto definitivo del Tribunale dei minorenni di Milano, “tutti i figli dei ricorrenti frequentano le scuole ottenendo buoni risultati”, che “entrambi i genitori, in questi anni, hanno sempre lavorato regolarmente”, che “il padre si trova da solo a dover far fronte dell’unica figlia attualmente in Italia che ha assoluto bisogno di accudimento materno”, “da controlli effettuati dalla Questura non sono pendenti precedenti penali a carico dei ricorrenti” e che “i figli presenti in Marocco con la madre sono stati privati della loro possibilità di frequenza regolare della scuola in Italia” e di fatto “sono stati sradicati dal territorio italiano nel quale erano stanziati da ormai sei anni”. (Francesco Floris)