C’è anche uno spread che riguarda quell’indice di democrazia che è il giornalismo. Ci chiediamo quale sia nel 2018 il differenziale tra la libertà di stampa negli altri paesi europei con solide tradizioni democratiche e l’Italia a trazione populista. Mi pare di poter dire che al momento la situazione può considerarsi immutata (e non che le cose siano andate bene negli ultimi anni con soprattutto la mancata eliminazione del carcere per i giornalisti n.d.r. ), ma grazie ad unico fattore di difesa, costituito dai molteplici interventi del presidente Mattarella. E’ a lui principalmente che si deve dir grazie se il cannoneggiamento di una parte del governo non ha sortito finora effetti negativi. Significativi anche alcuni segnali dei presidenti dei due rami del Parlamento. A Casellati e Fico facciamo appello perché sempre più si facciano interpreti al Senato e alla Camera non del nostro pensiero, ma di quello del Capo dello Stato. Chiederemo di incontrarli, mentre col timore a breve di uno spread negativo della libertà di stampa vedremo insieme al segretario Fnsi, Lorusso, nel corso di una manifestazione al Parlamento europeo martedì a Bruxelles il presidente Tajani.
In modo decisamente anti corporativo non considero un indizio la volontà annunciata di abolizione dell’Ordine dei giornalisti, demandando ad altri scritti tutte le contro argomentazioni. Ci sono altri comportamenti, però, che oggettivamente preoccupano facendo il gioco dell’oscurità e che passano attraverso il continuo tentativo di continua delegittimazione della categoria in quanto tale o di giornali presidi di democrazia come Repubblica (complimenti al direttore Calabresi per la bella iniziativa al teatro Brancaccio di Roma ). Attendo naturalmente di essere smentito con fatti seri. Certo non può bastare la solidarietà in teatro del premier Conte ad alcuni colleghi minacciati, che insieme al sindacato tuteliamo da tempo con atti concreti di vicinanza e di costituzione di parte civile.
Così come non è accettabile che giornalisti sfruttati possano rischiare di essere presi in giro da convocazioni-provocazione come quella del ministro Di Maio, non omonimo di quello che ci definì “infimi sciacalli” .
Vien da chiedersi se il titolare del dicastero del lavoro sappia che esiste una legge, la 233/2012 che imporrebbe al sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri con delega per l’informazione, la comunicazione e l’editoria di convocare lui sulla questione dell’equo compenso nell’apposita commissione sei soggetti ben individuati: tre di categoria,uno degli editori e due appartenenti a due ministeri che singolarmente oggi fanno capo allo stesso soggetto ossia il medesimo Di Maio, che invece esplicitamente, dopo aver insultato la categoria, vorrebbe avocare proprio a sé una questione già al centro di una legge, facendo scrivere di voler incontrare chi fa elezioni e celebra congressi insieme a non precisate “libere associazioni free lance e precari”. Le vedremmo volentieri, come sempre , a un pubblico convegno, ma non possiamo averle come partner a un tavolo dove già siamo stati delegati democraticamente a rappresentare la categoria. Questa è ammuina non confronto istituzionale per risolvere i problemi.
E’ viceversa da considerare apprezzabile e rilevante la presenza del Presidente della commissione trasporti, poste e telecomunicazioni della Camera Alessandro Morelli ( Lega ) a una recente iniziativa di difesa della piccola editoria , minacciata di tagli.Mi chiedo se possa farsi una cosa del genere, come vorrebbero alcuni esponenti del movimento di cui Di Maio è capo politico con un emendamento alla legge di bilancio. Cioè senza discutere con alcuna parte sociale cosa vada e cosa invece debba essere cambiata. E anche qui non sfugge che la conseguenza sarebbe lo “spegnimento” di voci.
Tornando all’ appuntamento di Bruxelles sul copyright , la normativa appena approvata dal Parlamento europeo ha avuto esplicite azioni di contrasto da parte dei monopolisti delle grandi piattaforme di service provider. Tra chi ha cercato di bloccare l’iniziativa che mira a ridurre il divario economico e dunque di potere tra i produttori di contenuti e i distributori di servizi on line ancora una volta Di Maio e i suoi. A giorni alterni con Google e Facebook e apparentemente coi nostri colleghi sfruttati. Indizi, prove o spread ?
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