attenzione si concentra sulle nubi nere e gonfie che si addensano, minacciose e incombenti, sulla politica e sull’economia. Quindi, sulla vita, quotidiana e non solo, dei cittadini. È inevitabile, ma anche pericoloso: perché sul nostro impianto costituzionale si concentrano altre nubi, e non meno scure, tali da incrinare le certezze della nostra democrazia. Fanno meno paura, perché non provocano effetti immediati, o immediatamente visibili: ma possono essere alla lunga più pericolose, e non si aggiustano da sole, come capita per le diverse fasi dell’economia.
Abbiamo introiettato, assimilato come una bizzarria istituzionale, in sé non pericolosa, la formula del “contratto di governo” gialloverde: modellata sul modello tedesco, ma del tutto diversa. Alla laboriosa ricerca di un programma comune tra forze avversarie, che ha richiesto mesi di limature snervanti e pignoleria tutta germanica, la nostra formula contrappone un elenco di priorità indicate dai contraenti. All’apparenza, un’agenda condivisa, nella sostanza un documento binario, due programmi distinti. Poche ore per concluderlo, una prima differenza dall’originale che doveva insospettire. Istantaneo, esagerato il giubilo gialloverde, paragonato alla lunga, permanente sofferenza teutonica. In realtà, un gigantesco voto di scambio, un baratto, più che un contratto, di governo. Il collante del potere e l’entusiasmo dei neofiti ha cementato il rapporto, con promesse mielose di amore almeno quinquennale. Un amore a livello di governo nazionale, smentito, rinnegato a tutti gli altri livelli: comunale, regionale, europeo, in un paese in cui si vota ogni mese o quasi . Anche alle prossime elezioni politiche, sarà guerra tra i due. Vera o finta, sarà guerra. Da parte di partiti la cui attività politica si esaurisce in una costante, snervante, esaustiva campagna per il consenso. Da qui un’alternanza schizofrenica e insopportabile di effusioni e di collisioni.
Questi i fatti, oggettivi. Ma a preoccupare, nell’ottica istituzionale di questa riflessione, non sono le beghe di giornata, finte e vere ad un tempo . A queste si rimedia, magari con nuovi criteri di ripartizione: ad esempio, inceneritori al nord, mezzi alternativi al sud. Sono le crepe istituzionali e addirittura costituzionali, evidenti dal primo momento, che si vanno allargando. Scompaiono i concetti, alternativi e contestuali, di maggioranza e di opposizione, essenza di ogni sistema democratico, come posizioni diverse in campagna elettorale. Dopo le elezioni, si può quindi formare un governo tra forze inconciliabili, senza che nessuno rinunci alle proprie istanze, e contrasti quelle avversate in campana elettorale. Una pessima scuola di morale politica, di rispetto del popolo sovrano, sempre più circuìto e imbonito. Un precedente inquietante, se non terrificante quanto a possibili sviluppi del sistema. E poi, se qualcuno dentro i due partiti, con un sussulto di orgoglio o dignità, si ribella, si ignora l’articolo 67 della Costituzione (i parlamentari rappresentano il paese, non il partito) , mettendolo all’indice per il futuro; come si è fatto, con disinvoltura degna di miglior causa, con l’art. 49, quello che disegna i partiti politici costituzionali come comunità di uguali che si associano liberamente. Un modello praticamente estinto, salvo qualche esemplare con le radici nella prima repubblica, in ovvia evidente difficoltà a tornare alle origini dopo un esperimento di adeguamento alla moda del tempo.
Praticamente, la legislazione durante il potere gialloverde non richiede una maggioranza parlamentare, quindi nemmeno, sia pure per proiezione, popolare. Un contratto, forma giuridica naturalmente intrusa in politica, piega l’anima di partiti, deputati e senatori. Il principio base di ogni sistema democratico, è (irrimediabilmente?) minato. Per gli iperpragmatici e ipersemplificatori al potere, probabilmente sciocchezze, cose di cui non preoccuparsi, o peggio. Per gli elettori, lo vedremo.
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