Harvey Milk è stato tutto ciò che un politico dovrebbe essere: un uomo colto, tenace, combattivo, un rappresentante perbene e per nulla disposto ad arrendersi, determinato a combattere contro ogni forma di pregiudizio e discriminazione.
Lottò nella California degli anni Settanta, alla vigilia della rivoluzione libertaria, e venne assassinato, il 27 novembre di quarant’anni fa, insieme al sindaco di San Francisco, George Moscone, dall’ex consigliere comunale Dan White, contrario ai progressi che si stavano raggiungendo sul tem dei diritti civili e del rispetto che la comunità omosessuale chiedeva ormai a gran voce.
Quando se ne andò, a soli quarantotto anni, Milk sapeva di essere sostanzialmente un condannato a morte. Sapeva che i suoi nemici erano tanti e potenti. Sapeva che la sua battaglia era destinata ad essere sconfitta, almeno nell’immediato, nonostante alcuni buoni risultati conseguiti come, ad esempio, il rigetto della Proposition 6 del senatore californiano John Briggs, la quale prevedeva la possibilità di licenziare gli insegnanti dichiaratamente gay, dando luogo ad un palese e abominevole sopruso..
Durò poco la sua esperienza: fu breve e intensa proprio come la sua vita, segnata dai drammi e dai pregiudizi, dalle difficoltà e dal desiderio ardente di non cedere mai.
L’importante, per Milk, era che altri seguissero, che la sua lotta avesse degli eredi e che la comunità omosessuale trovasse il coraggio di uscire allo scoperto e di lasciarsi andare, finalmente libera di esprimere compiutamente la propria normalissima e vitale diversità.
Asseriva: “Se una pallottola dovesse entrarmi nel cervello, possa questa infrangere le porte di repressione dietro le quali si nascondono i gay nel Paese”.
È andato sempre avanti, con incredibile e ammirevole tenacia, ha creduto in se stesso, nella sua comunità, nel prossimo, nel suo Paese e infine ha vinto, anche se non ha potuto raccogliere i frutti della sua semina.
Sotto l’albero piantato da Milk, oggi siede una Nazione in cui i diritti civili sono diventati finalmente un patrimonio comune e le discriminazioni di genere, salvo rare eccezioni, non sono più ritenute tollerabili. A dimostrazione che non bisogna mai arrendersi, che bisogna sempre camminare lungo la strada dei diritti e che bisogna infondere ai più deboli, agli ultimi e agli emarginati non solo il coraggio che si ha ma anche e soprattutto quello che non si ha. Poi la storia farà il suo corso.
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