Per il regista Giuliano Montaldo il maestro Bernardo Bertolucci era il coraggio e la forza. “Ha sempre avuto la capacità di creare e vivere situazioni coraggiose e inedite. Storie che esprimevano forza e di grande successo, non solo italiano ma mondiale”. Solo poche parole che esprimono la complessità e genialità del regista morto oggi nella sua casa di Roma. “Sono sincero, da quando si era ammalato non abbiamo più avuto modo di vederci. Non avevo voglia di vederlo così perché per me era un vero dolore trovare quell’uomo così forte sulla sedia a rotelle. Un sentimento condiviso da molti di noi e da chi aveva avuto modo di lavorare con lui. Bertolucci non ha mai smesso di essere coraggioso, forte e sempre lucidissimo”.
Nel 2013 da presidente della giuria internazionale alla Mostra del cinema lesse pubblicamente una lettera scritta da una bambina (anche lei in sedia a rotelle) rispetto all’impossibilità di vivere liberamente la città. E Bertolucci non ebbe tentennamenti a denunciare “Venezia è invivibile”.
Regista, sceneggiatore e produttore, tra i cineasti italiani più rappresentativi e conosciuti a livello internazionale, diresse capolavori come “Ultimo tango a Parigi”, “Il tè nel deserto”, “Novecento”, “L’ultimo imperatore” che gli valse nel 1988 due Oscar: al miglior regista e alla migliore sceneggiatura non originale.
“Film straordinari e originali ma anche di grande successo. Bertolucci che riuscì a convincere Marlon Brando, che allora era veramente una star, ad interpretare Ultimo tango a Parigi uscito nel 1972 – sottolinea ricordando Montaldo -. Bertolucci era magico nella scelta e nella conduzione degli attori. La stima verso di lui è davvero universale. Oggi abbiamo perso un altro nome glorioso. Questo mi rattrista molto”.