Ma non solo storia, le allieve della scuola di corso campano, diretta dalla professoressa Maria Rosaria D’Angelo, hanno portato alla ribalta la voce delle donne mediorientali, degli harem fisici ed interiori di ogni donna che si autocondanna a non autodeterminarsi, ricordando (per bocca di una alunna di fede islamica) che non è Allah, non è Dio, a privare la donna di indipendenza ed autonomia ma gli estremisti, i fondamentalisti: gli uomini. La mattinata di dibattiti e relazioni si è conclusa con la emozionante drammatizzazione del monologo di Paola Cortellesi “Mi chiamo Marina e credo nell’ amore” con cui hanno voluto concludere per asserire con forza che nessuna forma di violenza è ammessa e che non bisogna mai aver paura di denunciare.
Giugliano, il no al femminicidio parte dalla scuola
Ma non solo storia, le allieve della scuola di corso campano, diretta dalla professoressa Maria Rosaria D’Angelo, hanno portato alla ribalta la voce delle donne mediorientali, degli harem fisici ed interiori di ogni donna che si autocondanna a non autodeterminarsi, ricordando (per bocca di una alunna di fede islamica) che non è Allah, non è Dio, a privare la donna di indipendenza ed autonomia ma gli estremisti, i fondamentalisti: gli uomini. La mattinata di dibattiti e relazioni si è conclusa con la emozionante drammatizzazione del monologo di Paola Cortellesi “Mi chiamo Marina e credo nell’ amore” con cui hanno voluto concludere per asserire con forza che nessuna forma di violenza è ammessa e che non bisogna mai aver paura di denunciare.