di Marco Lignana
Salvatore Ponzo, “imprenditore” siciliano, genovese d’adozione, il 23 maggio 2018 viene crivellato di proiettili all’uscita dell’ambasciata italiana di San Josè, in Costa Rica, da due uomini a bordo di uno scooter. Un’esecuzione. La madre della fidanzata, da Genova, accusa: “Salvatore lavorava nell’export di ananas in proprio, dava fastidio ai cartelli del commercio sudamericano”. Non era proprio così.
La sua ditta, la “Tierra Nuestra Latina”, come ha poi scoperto la polizia di Milano, non era altro che un paravento. Perché oltre all’ananas, che davvero sbarcava nei negozi del nord Italia, nei container giunti in porto c’era anche cocaina. Dietro Ponzo e i suoi soci in affari, i potenti clan della mafia catanese Laudani e Pillera-Puntina, la famiglia di camorra Gionta e alcuni esponenti della malavita calabrese radicata a Milano.
Scrivono i magistrati milanesi che “ananas e cocaina arrivavano a Genova, Savona e Livorno”. Fra i tre porti, Genova ha numeri nella movimentazione di merci e container che nessun altro scalo oggi in Italia può vantare.
E infatti la porta del Mediterraneo, che cresce sempre più in dimensioni e traffico, oltre a trasportare merci di ogni tipo (e naturalmente passeggeri) ha affiancato Gioia Tauro come via d’accesso prediletta della criminalità organizzata. Italiana, internazionale. E calabrese. Perché la ‘ndrangheta, in Liguria, ha trovato un fertilissimo terreno. A tal punto da spingere l’ultima commissione antimafia a scrivere che “la Liguria a livello criminale è la sesta provincia calabrese”.
Nella sua ultima relazione, la Direzione investigativa antimafia ha scritto come “il potenziale criminale della ‘ndrangheta in questa area si è ampiamente manifestato nel settore degli stupefacenti, anche sfruttando le opportunità logistiche offerte dai porti liguri”.
Per la Dia “la centralità dello scalo genovese nel panorama internazionale” è assodata, riconosciuta: “È nota, infatti, la capacità della mafia calabrese di rapportarsi direttamente attraverso propri referenti in loco con i potenti cartelli dei narcos sudamericani sfruttando come terminale di approdo lo strategico porto di Genova. Il dato è suffragato dalle numerose operazioni antidroga condotte negli ultimi anni, che hanno interessato principalmente i porti di Genova e Vado Ligure (Savona)”.
Il porto genovese è una città nella città. Dove i controlli, che polizia carabinieri e guardia di finanza svolgono al meglio, non possono essere totali, infallibili. Eppure negli ultimi cinque anni è stata sequestrata oltre mezza tonnellata di cocaina e arrestata una quindicina di persone. Due indagini hanno rilevato presenza e interessi nel porto genovese delle ‘ndrine Bellocco e Alvaro.
Spiega il capo della Direzione investigativa antimafia della Liguria, il colonnello Sandro Sandulli: “Non è un caso che durante due sequestri di droga siano stati arrestati anche due latitanti della cosca Bellocco. Evidentemente se la ‘ndrina di riferimento ha ritenuto di far presenziare lo sbarco a un latitante, questo è un elemento importante”.
La buona compagnia, però, non manca. Scrive sempre la Dia che “trattandosi di un ‘mercato stratificato’, nel settore del narcotraffico risultano comunque attive altre organizzazioni criminali autoctone che spesso si avvalgono della complicità di extracomunitari irregolari, sia per rifornirsi di sostanze stupefacenti che per lo spaccio, dando vita a gruppi ‘misti’.
A questi si affiancano anche gruppi criminali dei Paesi dell’est o africani che dimostrano una certa autonomia lungo tutta la filiera, dall’approvvigionamento alla vendita al dettaglio. Si conferma, infatti, l’importazione di ingenti quantitativi di sostanze stupefacenti, principalmente cannabis, ma anche discreti quantitativi di cocaina, via mare dal Marocco, lungo la rotta Tangeri-Barcellona-Genova”.
Non solo. Altre rotte internazionali della droga sono oggi sotto la lente della Direzione distrettuale antimafia genovese. Le tappe sono più o meno diventate sempre le stesse: Ecuador, Colombia, Costa Rica, come nel caso di Salvatore Ponzo, poi via verso i porti italiani, e liguri. Questo, ad esempio, il percorso della nave “Dimitris C”, portacontainer fermata al largo del porto di Genova lo scorso febbraio con tre quintali di cocaina a bordo nascosta dentro un’intercapedine. La squadra mobile di Genova ha fermato un cittadino tanzaniano, che ha ammesso di essere il custode della droga.
Adesso, però, bisogna risalire la filiera. Capire chi è in grado di trasportare così tanta droga in giro per il mondo, fino alla Liguria. La ‘ndrangheta, in questa partita, ha parecchie carte da giocarsi.