Formia, alla Gretel Factory si combatte la camorra con l’educazione alimentare

0 0

E’ probabilmente vero che non esista alcun luogo non contaminato dalle mafie. Non fa eccezione dunque la provincia di Latina, in cui secondo il III Rapporto ‘Mafie nel Lazio’, “tra il 2014 e il marzo 2016, sono stati compiuti, ben 11 tra attentati e intimidazioni, tutti fatti che rappresentano chiari reati spia dell’attività di organizzazioni mafiose”. Reati spia, ovvero quei reati che fanno ipotizzare, prima delle indagini, presenza sul territorio di certi gruppi criminali.

Anche se la regione Lazio è diversa dalla regione Campania, il confine geografico tracciato tra le due non ha fermato il propagarsi di consorterie mafiose che, fin dagli anni Ottanta, nella culla della Capitale hanno rappresentato una costante minaccia per l’economia legale. “Nel contesto territoriale del basso Lazio – si legge ancora nel III Rapporto – molteplici sentenze, hanno confermato l’operatività di associazioni di tipo camorristico federate con il clan dei casalesi, o talvolta diretta espressione del sodalizio”. La presenza della camorra persiste come anche quella della ‘ndrangheta che fuori esce dal sottosuolo nell’abuso edilizio, nel narcotraffico, nell’usura ma anche nel traffico di rifiuti. Su quest’ultimo se ne ha avuta piena percezione sicuramente con il processo che riguardò la cosiddetta “Terra dei Fuochi”. Tra le province di Napoli e Caserta, la sentenza firmata dal giudice Giuliana Taglialatela nell’aprile del 2014, contro Francesco Bidognetti e Vincenzo Zagaria quali esponenti apicali del clan camorristico dei casalesi, sull’illecito traffico di rifiuti, quel trasporto verso le discariche a cielo aperto che valeva milioni anche se voleva dire attentare alla sicurezza altrui sversando di fatto, all’occorrenza, rifiuti tossici, riconobbe il disastro ambientale.

E’ contro questo modo di intendere le cose e le persone, con sistematica noncuranza, che Alfredo e la moglie Veronica iniziano le loro prime battaglie quasi con la speranza di riuscire a sovvertire l’ordine cui ci si è abituati.

 

In viaggio da Marzapane a Formia

Li incontro a Formia, nel golfo laziale, a due passi da Fondi e dal suo mercato, a due passi dal Garigliano che traccia una linea ideale tra le due regioni, dove in via Abate Tosti 51 – c’è una sede anche a Gaeta in Piazza Libertà 22 e a d’estate anche a Scauri – hanno aperto da due anni la Gretel Factory, il primo format ideato per ripensare il territorio e insegnare ai bambini l’educazione alimentare. “Il lato sociale e umano del progetto risiede nella convinzione di spiegare ai bambini che tutto nasce da un seme, che il gelato viene prodotto da una pianta e non da una busta”, mi spiegano entusiasti. Da genitori, Alfredo e Veronica, per attuare il loro progetto hanno preso in prestito la favola dei fratelli Grimm per rivisitarne il finale. “Gretel è diventata grande, una notte ha gli incubi e non riesce a dormire, torna allora nella casa di Marzapane e vede che tutti quei cibi stregati che le avevano fatto tanto male sono ancora lì intatti. Allora la giovane Gretel ha un’idea: chiudere per sempre i cibi stregati nel forno, cosicché nessun bambino avrebbe più corso dei rischi”, mi raccontano. Il forno con i prodotti stregati chiusi da una grata c’è davvero, in contrapposizione con il ripostiglio di Gretel che comprende tutti i prodotti che utilizzano per fare il gelato. “Potevamo creare i soliti altarini con i prodotti della cioccolateria, abbiamo invece deciso di vendere i prodotti che usiamo, con margini irrisori, esclusivamente per fare il gelato: il miele dei Monti Aurunci, l’olio delle olive di Gaeta, la mandorla d’Avola o la mandorla pugliese di Toritto presidio Slow Food, la galamella che è una crema spalmabile alla nocciola che fanno a Napoli fatta con olio extra vergine di oliva, poi ci sono le amarene di Cantiano, le frutte secche che ci servono per fare le paste ad esempio con la nocciola Gentile Romana, quella più vicina e anche più amara rispetto alla nocciola piemontese e i pistacchi lucani”. Sostengono dunque le piccole aziende, venendo in diretto contatto con il produttore. “Abbiamo creato una filiera ac-corta producendo gelati e succhi con materie prime di aziende agricole del nostro territorio, scegliamo i fornitori in un arco ideale di cento chilometri da noi solo dopo un contatto diretto, utilizziamo eccellenze nazionali ed estere e non presenti sul territorio solo dopo un attento studio. Inoltre, utilizziamo un concetto a noi caro ossia quello della terra di lavoro, quella antica che partiva da Sperlonga e Gaeta e arrivava fino a Sessa, Benevento, quando non c’erano confini né divisioni tra Lazio e Campania. Il birrificio di Roccasecca, ad esempio fa quattro birre artigianali, ed è un birrificio terre di lavoro che è importante far conoscere”.

 

Combattere la camorra con il gelato

A Formia la loro vita è cambiata. Nascono entrambi avvocati, ma Veronica ha appeso la toga e si è reinventata gelatiera. Alfredo si occupa della comunicazione per Gretel ma continua anche le sue battaglie legali in favore delle vittime di racket, contro la prepotenza della camorra, a Napoli, da dove tutto ebbe inizio.

“Forse è nato tutto dalla Sanità”, ricorda lui, quel povero quartiere di Napoli alla mercé della criminalità, “quando lavoravo a Napoli andavamo nelle case e prendevamo i ragazzi e i bambini per portarli nella Casa dei Cristallini, che è un luogo ancora esistente che abbiamo creato con l’obiettivo di allontanarli da quelle realtà”. Allontanarli dal fare la fila, a neanche 6 anni, fuori dal carcere di Poggio Reale per andare a trovare i genitori.

Dalla Sanità si è trasferito nelle aule di tribunale, costituendosi spesso nei processi, con il suo studio, parte civile per il Comune di Napoli e creando la prima associazione antiracket con Tano Grasso, storico presidente della F.A.I., diviso da SOS Imprese di Confesercenti con a capo Luigi Cuomo. “All’inizio i giudici non ci conoscevano, non avevano la contezza di cosa fosse un’associazione antiracket e quindi bisognava spiegare ai magistrati quale era il senso”.

Le stese a Formia oggi non ci sono e si sa che se la gente non sente sparare tende a sottovalutare il problema, quasi a non credere possibile che nel golfo ci siano le mafie. “Nel passaggio dal lungomare di Mondragone e Castel Volturno – e non voglio essere discriminante verso le tante persone per bene che ci vivono, ma si rendono conto pure loro del fatto che a livello di apparenza estetica le differenze sono forti – c’è una presenza delle mafie che distrugge il territorio, mentre qui non è che è immune ma lavora sotto un’altra forma: probabilmente esistono attività di riciclaggio di denaro attraverso imprese, banche, assicurazioni”, spiega Alfredo. Un’economia marcia e una società spenta. “La base della camorra è mettere paura, intimidire così da acquisire l’attività. La gente pensa che la criminalità organizzata sia un’associazione di persone che si mettono insieme perché vogliono spacciare o uccidere, no, la criminalità organizzata è un’associazione finalizzata ad acquisire attività economiche. Lo fa utilizzando soldi che prende dalla droga, dalla prostituzione, controllando il territorio attraverso il pizzo e l’usura”.

E l’usura a Formia c’è. Con la vecchia amministrazione nel 2010 avevano aperto uno sportello antiusura nel Comune che però sono stati costretti a chiudere, forse neanche per cattiveria o malaffare, ma per ignoranza nel senso più stretto del termine: “Assistere una vittima di usura è una cosa molto lunga e complessa, quindi ad esempio quando cercammo di avere una sede anonima al Comune non ci siamo riusciti perché veniva chiesto il documento all’ingresso”, spiega Alfredo amareggiato e prosegue: “Da avvocato mi sono interfacciato con quasi tutti i vecchi clan della camorra: i Contini, i Mallardo, i Bidognetti, i Mazzarella, i Casalesi, i Bianco, quelli di Pianura, D’Ausilio, Bagnoli, Nola, Torre del Greco, Zagaria, a Ponticelli i Sarno, con Peppe Sarno che poi è diventato collaboratore di giustizia e c’è stato un vuoto di potere che ha creato le stese per il controllo del territorio. La camorra non crea ricchezza, crea depressione perché crea concorrenza sleale e distrugge l’economia sana, agendo anche in altri settori con lo scopo di impoverire le persone, ad esempio con le sale slot, i bingo, i videopoker consentiti dallo Stato. L’usura ad esempio – continua Alfredo – era un’attività che la camorra aveva sempre lasciato perdere, forse quindici anni fa era ancora ritenuta indegna, oramai invece l’indebitamento in cui versano molte persone anche a causa del gioco d’azzardo sono strumenti attraverso cui la camorra presta soldi per impadronirsi delle attività economiche altrui”.

 

Vincere la camorra con la cultura

Forte della convinzione che le mafie in generale e la camorra in particolare si vinca con la cultura, a Gretel Factory c’è una mappa presto interattiva, Gretellandia, che mostra il laboratorio centrale di Formia con tutte le materie prime da loro utilizzate per il gelato con i luoghi di provenienza e la storia di ognuna. C’è inoltre la nobile intenzione di informare le persone in merito alle alternative che hanno di usare prodotti non commerciali, di organizzare laboratori e feste di compleanno educative con giochi come quelli olfattivi, possibili grazie anche alle piantine aromatiche incavate nei tavolini di legno del giardino esterno, giocando quindi con un approccio pedagogico e alimentare.

E poi vengono seguiti e sostenuti progetti di inclusione sociale come comprare il caffè delle Lazzarelle, che sono “una cooperativa di detenute che stanno nel carcere di Pozzuoli e con cui c’è tutto un bel progetto con la regione: loro lavorano il caffè, qualità 50 arabica/50 robusta e così facendo si mantengono pagandosi la detenzione”, e di riutilizzo dei beni confiscati alle mafie con aziende che sono riuscite a lavorare e a produrre rimettendo in circolo l’economia legale fino ad allora sfruttata illecitamente. “Abbiamo la cooperativa ‘Al di là dei sogni’ che ci fornisce la spalmabile alla nocciola, stanno proprio vicino alla centrale del Garigliano e due anni fa gli hanno incendiato un noceto, sempre perché si dice che la camorra non esista”, mi illustra Alfredo.

I video che mostrano l’operato di queste cooperative sono presenti alla Gretel Factory, perché è bene non dare per scontata l’attività di trasformazione dei prodotti della terra nell’ambito del nuovo circuito della NCO, la Nuova Cooperazione Organizzata, che nulla ha a che fare con la criminalità di Raffaele Cutolo. “Con la NCO scopriamo anche il pacco, i cui prodotti all’interno sono stati fatti da altre aziende ugualmente confiscate alle mafie, dove fanno la pasta, il vino, i legumi, che non centrano con la gelateria ma che mostrano che da beni confiscati si possono sottrarre soldi alle mafie per metterli in produzione e utilizzarli nell’economia legale”. La legalità di questi prodotti contrastano le mafie anche grazie alla loro filiera accorta, mafie come quelle del Madagascar che si infiltrano persino nel business della vaniglia.

 

Ripensare il territorio con etica e curiosità

Viene data dunque molta importanza al commercio etico, alla riscoperta del proprio territorio, come ad esempio avviene con la torta Cicerone il cui gusto e la cui preparazione rimanda al periodo in cui i romani a Formia “utilizzavano come dolci base mandorle, miele, pinoli, pistacchi, e la torta Cicerone è una crema alla mandorla, aromatizzata all’arancia con pinoli e pistacchi”, nonché alla valorizzazione di prodotti unici che è possibile trovare solo da loro come i cannoli siciliani fatti “con ripieno di ricotta di bufala del caseificio delle Terre di Don Peppe Diana”, altro bene confiscato alle mafie in terra di Castel Volturno.

Con la degustazione entriamo nel vivo e capiamo meglio: il limone di Sorrento che proviene dalla Costiera sa di limone, il gelato all’uva fragola sa in punta di uva e alla fine di fragola, lo yogurt con latte nobile è dolce e ci viene da Segni le cui mucche fanno pochissimi litri di latte al giorno senza sforzo, tutti i gusti conservati nel pozzetto al palato hanno esattamente il sapore originario che dovrebbero avere. E dopo, non hai neanche sete. Tutte particolarità di cui sicuramente si erano accorti anche i giudici del Gambero Rosso che li hanno premiati con i Tre Coni.

Felicità sì, ma senza dimenticare l’obiettivo: il gelato non è il fine, ma il mezzo attraverso cui far conoscere il territorio, le aziende, in territorio di mafia e di riciclaggio di soldi cercare di dare spazio anche a piccole aziende, che sul mercato si battono contro la concorrenza sleale, il tutto parallelamente all’educazione alimentare.

Fonte: Informazione contro le mafie


Iscriviti alla Newsletter di Articolo21