Avevamo fatto appena in tempo a gioire per la scarcerazione, il 30 ottobre, di Haytham Mohamdeen, difensore dei diritti umani e avvocato di diritto del lavoro, che 48 ore dopo è ripresa in Egitto la consueta repressione. Al termine di una serie di raid iniziata all’alba del 1° novembre, le forze di sicurezza egiziane hanno arrestato almeno 19 persone (8 donne e 11 uomini) impegnate nella difesa dei diritti umani. Gli arresti, ultimo segnale dell’ambiente ostile e repressivo in cui si trovano a operare i gruppi della società civile egiziana, hanno costretto il Coordinamento egiziano per i diritti e le libertà, una nota Ong che fornisce aiuto legale e documenta le violazioni dei diritti umani, a sospendere le attività. Proprio il Coordinamento egiziano per i diritti e le libertà, autore di rapporti sulle sparizioni forzate e sull’aumento del ricorso alla pena di morte, è stato duramente colpito negli ultimi mesi. Tra i 18 arrestati del 1° novembre c’è Mohamed Abu Horira, avvocato ed ex portavoce del Coordinamento, mentre il cofondatore Ezzat Ghoniem e un suo altro esponente, l’avvocato Azzouz Mahgoub, risultano scomparsi dal 14 settembre.
Ormai è evidente che chiunque osi parlare di violazioni dei diritti umani in Egitto è in pericolo. Ed è amaro constatare che, mentre le autorità del Cairo dedicano così tante energie alla repressione del movimento per i diritti umani, i copti continuino a rimanere senza protezione e morire negli attentati dei gruppi terroristi islamici.