A margine dell’iniziativa ‘Le sfide del giornalismo europeo’, organizzata dall’eurodeputata S&D Isabella De Monte, il presidente Tajani spiega di condividere le preoccupazioni per gli attacchi di cui sono vittima i giornalisti italiani da parte di una forza di governo e assicura che anche nel Parlamento Ue saranno messe a punto iniziative a sostegno della libertà di informazione e della sicurezza dei giornalisti in tutti i Paesi dell’Unione.
All’evento sulla libertà di stampa in Italia e in Europa promosso in Belgio, con Raffaele Lorusso e Carlo Verna anche Renate Schroeder, direttore della Federazione europea dei giornalisti; l’europarlamentare Cecile Kyenge; il presidente dell’Assostampa Fvg, Carlo Muscatello e il presidente dell’Ordine del Fvg, Cristiano Degano. A moderare i lavori il giornalista Giulio Garau.
«Esiste un problema di libertà di stampa in Italia. Oggi assistiamo al tentativo di rendere marginale l’informazione da parte di chi non soltanto ha insultato pesantemente i giornalisti, ma ha anche messo all’ordine del giorno provvedimenti che portano ad indebolire ulteriormente la stampa e soprattutto gli organi di stampa più deboli», oltre che «ad un tentativo vergognoso di strumentalizzare i giornalisti precari», esordisce il segretario generale della Federazione nazionale della Stampa italiana.
Per Lorusso «il ministro Di Maio continua a convocare gli organismi della categoria intorno ad un tavolo con non meglio identificate sigle del lavoro precario al solo tentativo di cercare di rimontare quella che è stata una brutta pagina per il governo italiano nel momento in cui si sono usati quegli epiteti nei confronti della categoria e dell’informazione italiana. Noi riteniamo che da chi sta cercando di azzerare per esempio il fondo per l’editoria, e questo produrrà nuovo precariato, non possa venire alcuna lezione sul lavoro precario».
Il segretario della Fnsi osserva poi che «la categoria dei giornalisti si difende facendo bene il proprio lavoro, continuando ad esercitare sia la funzione principale, che è quella di informare i cittadini, ma anche esercitando il diritto di critica ed il pensiero critico, che è esattamente quello che in questo momento una parte del governo italiano cerca di attaccare, cioè la funzione critica della stampa, la funzione di mediazione fra il potere ed il cittadino. E quindi togliere di mezzo la mediazione, impedire alla stampa di fare domande per manipolare più facilmente i consensi attraverso le piattaforme digitali a cominciare da Rousseau».
Anche l’europarlamentare Isabella De Monte evidenzia che «la libertà di stampa è ultimamente molto sotto attacco. Il Parlamento europeo è il luogo della democrazia e secondo noi la democrazia si basa sulla buona informazione e non possiamo permettere che la stampa libera sia sotto attacco. E lo è in vario modo, saltando le conferenze stampa oppure denigrando i giornalisti o screditandoli facendone venir meno l’autorevolezza. Questo va assolutamente contrastato perché è nell’interesse dei cittadini avere una buona informazione».
Per De Monte, sugli attacchi alla stampa da alcuni esponenti politici «notiamo che c’è una corrispondenza tra i partiti populisti e sovranisti che vogliono arrivare direttamente alla pancia dei cittadini, e secondo noi è veramente antidemocratico procedere in questo modo».
Oggi, rimarca Lorusso, «l’impresa editoriale che opera sul mercato ha gli stessi obblighi di tutte le altre imprese: dall’accesso ai finanziamenti, al costo del lavoro, al numero dei dipendenti. Ebbene, considerate la funzione e le specificità dell’informazione, la cui qualità è termometro della qualità della democrazia, forse sarebbe necessario pensare a uno statuto delle imprese editoriali, a livello europeo, che tenga conto dei principi del pluralismo, del diritto dei cittadini di essere informati, del diritto dei giornalisti a percepire la giusta retribuzione. L’impresa editoriale per la specificità del bene prodotto, l’informazione, è diversa da tutte le altre».
Negli ultimi cinque anni, conclude il segretario Fnsi, «sono stati persi tremila posti di lavoro. Oggi, dei 15mila giornalisti dipendenti in Italia, ben settemila usufruiscono di ammortizzatori sociali. La tendenza al taglio del costo del lavoro non è ancora conclusa. E i 188 milioni di euro stanziati dai governi precedenti a quello in carica sono stati interamente utilizzati dalle aziende editoriali per portare avanti i propri processi di ristrutturazione, con prepensionamenti e contratti di solidarietà».
Carlo Verna, presidente dell’Ordine, sottolinea l’esigenza di nuove regole per un periodo storico nel quale i social hanno rivoluzionato lo schema dell’informazione e della comunicazione: ieri solo il giornalista poteva parlare a tanti, ora possono farlo tutti. «É sacrosanto che tutti possano comunicare – dice – ma chi fa giornalismo professionale deve avere regole, formazione, deontologia. Per questo oggi il nostro Ordine, che stiamo riformando, è garanzia per tutta la comunità, non solo per i giornalisti».
I rischi per la professione giornalistica, aggiunge, «sono tanti, a partire dal lavoro precario, fino al tentativo di delegittimare il ruolo e la funzione critica del giornalista. In Italia c’è la questione dello spread della libertà di stampa nel senso che ci possa essere un differenziale tra la nostra democrazia e quella di altri Paesi di grandi tradizioni. Se questo spread non è cresciuto ciò è dovuto agli interventi del capo dello Stato, però quando si è contro posizioni di tutela del lavoro, come il copyright, quando si vogliono tagliare i fondi alla piccola editoria, quando si insultano a giorni alterni grandi quotidiani e giornalisti tentando di delegittimare la funzione che i giornalisti svolgono, allora c’è il rischio che lo spread della libertà di stampa cresca rispetto ad altri Paesi».
Carlo Muscatello, presidente dell’Assostampa Friuli Venezia Giulia e componente della giunta esecutiva Fnsi, mette in guardia dalle pesanti conseguenze che l’annunciato taglio, praticamente un azzeramento, dei residui contributi statali alla cosiddetta editoria debole: giornali delle minoranze linguistiche, editi da cooperative, no profit, per gli italiani all’estero. «Abbiamo il caso del Primorski Dnevnik – rileva – da oltre settant’anni voce degli sloveni in Italia. Se c’è un esempio di uso virtuoso dei fondi pubblici, dopo anni di ruberie, questo è quello del Primorski. Permettere al quale di continuare a vivere risponde ai principi della Costituzione italiana».
Infine Cristiano Degano, presidente dell’Ordine dei giornalisti del Fvg, ricorda che «oggi in Italia, ma non solo, si tende a saltare la funzione del giornalista. Ciò attraverso dirette Facebook, dichiarazioni alla stampa, assenza di contraddittorio e quant’altro. Si punta al contatto diretto con i cittadini, alla disintermediazione».