Il regime turco non arresta la sua azione repressiva e questa volta a finire nelle mire governative è un italiano, l’attivista Gianfranco Castellotti a Istanbul come osservatore internazionale nel processo contro il gruppo musicale “Grup Yorum”.
Il 53enne di Massa Carrara è stato fermato nel corso di un blitz della polizia turca in un centro sociale dove si erano ritrovati amici e supporter della band di sinistra accusata di terrorismo.
Castelletti è in attesa di essere espulso con un divieto di rientro nel Paese. L’avvocato turco Ezgi Cakir ha affermato che il suo assistito è trattenuto nella caserma di polizia del quartiere di Ferikoy e ha interrotto (non è chiaro se forzatamente) l’assunzione dei farmaci che prendeva regolarmente per una patologia di cui soffre da tempo.
La compagna del 53enne, Maria Grazia Vanelli, ha iniziato uno sciopero della fame per sensibilizzare l’opinione pubblica su quanto accaduto e soprattutto per scongiurare il rimpatrio forzato di Castellotti che mai accetterebbe di non poter tornare in Turchia.
La Farnesina sta seguendo con grande riserbo la situazione.
La polizia turca, come ha ricostruito “Il Tirreno”, ha fatto irruzione nel centro culturale Idil a Okmeydani, quartiere di Istanbul, e ha arrestato la decina di persone presenti, tra cui Castellotti, militante dell’Anti-imperialist Front Italia.
Il Consolato generale d’Italia, in stretto raccordo con la Farnesina, segue da vicino e con la massima attenzione il caso del connazionale mantenendosi in contatto con i familiari e le autorità locali.
Funzionari del Consolato hanno incontrato il connazionale trovandolo in buone condizioni di salute ma determinato nel voler restare nel Paese.
La repressione di ogni libertà di espressione e di diritti fondamentali in Turchia contro attivisti di opposizione, centri culturali e giornalisti continua dunque nel silenzio compiacente di quell’Europa che ritiene Recep Tayyip Erdogan un partner ineludibile.
Restano gli operatori dell’informazione i principali obiettivi del regime. Ultimo, in ordine di tempo, a essere arrestato Çağdaş Kaplan, caporedattore del giornale Yeni Yaşam. Anche per lui il capo d’accusa è di propaganda terroristica.
Al momento in Turchia, la più grande prigione per giornalisti, sono in carcere almeno 170 operatori dei media.