Probabilmente è la prima volta che succede nella storia del giornalismo: una inchiesta porta alla rimozione di 4 poliziotti violenti dal campo profughi di Lesbo in Grecia, ma quella stessa inchiesta televisiva realizzata da una troupe della Rai, non è mai andata in onda, sospesa per ragioni incomprensibili dalla direzione del Tg2.
Forse è il tempo che cambia ed i vertici della Rai già si adeguano al vento “sovranista” che sta arrivando, certo è che sabato sera, nonostante la programmazione di Tg2 Dossier fosse già stata annunciata da un comunicato aziendale, l’inchiesta sui profughi imprigionati in Grecia e Bosnia dai muri alzati dall’Europa, “Prigionieri sull’isola” realizzato dall’inviato del Tg2 Valerio Cataldi (nella foto), è stata sostituita all’ultimo momento da una replica.
Gli effetti di quella inchiesta sono esplosi in Grecia per un video amatoriale anticipato dall’autore sui social network per lanciare la puntata di Tg2 Dossier. Il video è diventato virale in poche ore, mostra una donna anziana rimasta senza cibo dopo ore di attesa nel campo di Moria a Lesbo che viene pesantemente insultata da un poliziotto che le strappa il bastone e lo getta via. Altri tre poliziotti sono li a guardare senza intervenire. Ora sono tutti sospesi e indagati per razzismo. In Grecia ne parlano tutti i giornali e tutti i telegiornali, è la notizia del giorno. In Italia invece, l’inchiesta integrale che contiene anche quella denuncia, resta ferma in un cassetto.
Come sia possibile resta difficile capirlo. I fatti dicono che la direzione del Tg2 ha chiesto di coprire tutti i volti dei minorenni presenti nel reportage. A prescindere. il paradosso è che nessuno ha visto il reportage, la decisione di coprire tutto non nasce da una valutazione oggettiva della necessità di proteggere i bambini. L’ordine è coprire tutti i minorenni e basta. Cataldi si è opposto e di fronte alla determinazione della direzione che avrebbe avuto come unico effetto quello di cancellare con i bambini il valore sociale della denuncia giornalistica, ha esercitato il diritto di togliere la firma. a quel punto la direzione ha deciso di mandare una replica. Peraltro è un cambio di linea editoriale improvviso, che non ha nulla a che fare con la storia del Tg2 sotto questa stessa direzione che ha sempre mostrato i bambini a volto scoperto anche negli editoriali sui bambini siriani della stessa direttrice, nei filmati di Unicef che denunciano le condizioni dei bambini nei centri di detenzione in Libia con cui è stata aperta più di una edizione di telegiornale, con dossier recenti come quello girato in Venezuela, o in dossier dello scorso anno come “Io sono Aziz”, la storia di un bambino afghano di 8 anni, realizzato dallo stesso Valerio Cataldi che ha portato il Tg2 a vincere diversi premi giornalistici celebrati in servizi trasmessi nelle principali edizioni del Tg. Cosa è cambiato dunque, perchè questa esigenza improvvisa che arriva peraltro dopo che il reportage è stato girato, montato ed è pronto per andare in onda? “Condivise regole deontologiche cui il servizio pubblico non può sottrarsi” dice oggi la direttrice Ida Colucci che si appella alla Carta di Treviso. Su richiesta della stessa direttrice, però, il Cdr del Tg2 ha girato la domanda ad uno degli estensori della Carta di Treviso che tutela i minori. Franco Elisei, dopo aver visionato il Dossier, ha scritto: “La tutela dell’identità e quindi dell’immagine del minore va intesa come mezzo e non come fine. Le immagini dei minori nel servizio, ad eccezione di un paio di riserve, appaiono emblematiche e fortemente significative del dramma e del fenomeno evidenziato. Con forte valenza storico-sociale. E senza una ricaduta diretta sul loro equilibrio”.
Dunque, non c’è la necessità di coprire i volti certifica l’esperto, tantomeno tutti i volti dei minori indiscriminatamente, come ordina la direzione. Nei casi indicati da Elisei i minori sono già stati coperti e resi irriconoscibili dall’autore. Questa valutazione di Elisei la direzione del Tg2 l’ha letta nel pomeriggio di sabato, quando c’era tutto il tempo di riprendere la programmazione annunciata e mandare in onda il reportage di Valerio Cataldi. Invece ha comunque scelto di mandare in onda una replica.
Ma allora, ci chiediamo, come mai? Come è possibile e da cosa è motivato un accanimeto così determinato sul lavoro di un collega che peraltro ha una storia decennale di servizi ed inchieste sul tema migrazioni che hanno fatto il giro del mondo, la cui esperienza e conoscenza del tema è riconosciuta a livello internazionale e che sul piano deontologico ha avuto, nel tempo, un rigore tale da farlo diventare presidente dell’Associazione Carta di Roma. Davvero ci sfugge, cosa è cambiato?
Dobbiamo interpretarlo come l’ennesimo segnale dell’arrivo in Rai di un cambiamento radicale che vuole cancellare la storia e la funzione del servizio pubblico?