I verdi della Baviera crescono quasi del doppio promuovendo – oltre alla cura dell’ambiente – anche l’integrazione e l’Europa. Non hanno cercato voti a destra, ma hanno esteso il loro ascendente a sinistra, rilanciando con chiarezza sui questi temi caldi, là dove i partiti più grandi – i centristi del CSU e la sinistra moderata della SPD – hanno adottato una prudenza generica, nella speranza di tenere insieme paura e apertura.
Sarebbe importante che il messaggio “la chiarezza paga” arrivasse anche alla sinistra nazionale, in primis al PD. Dove invece Zingaretti – in occasione dell’incontro di presentazione della sua candidatura come nuovo segretario – ha alluso a un cambiamento, ma più di gestione (“dall’io al noi”), che di programma. Cioè rivolgendosi più all’interno del partito, che ai suoi elettori in diaspora.
Per ritrovarli, occorre un programma chiaro e di rottura con il renzismo. La vaghezza unitaria – sfumare le posizioni per tenere tutti dentro – non paga, perché non dà risposte a un numero impressionante di persone in codice rosso su lavoro, istruzione, povertà, ingiustizia sociale, servizi essenziali. Né il governatore del Lazio può sperare di rimandare sine die lo scontro con Renzi. Un congresso sedato da armonia artificiale sarebbe la fine irreversibile del PD. E l’avvio di un nuovo ventennio di destra.
No, grazie. Spero in un Zingaretti più “bavarese” e meno cortese.
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