di Tommaso Giuriati
Il porto di Marsiglia è da secoli un importante snodo commerciale; prima nel Mediterraneo, in competizione con Genova e Barcellona, poi come “porta dell’oriente” nel sistema coloniale francese. Confronto ad altri porti europei, ha avuto storicamente una più forte vocazione all’esportazione che all’importazione, sia nel traffico lecito, sia in quello illecito.
Marsiglia è stata presto rappresentata come violenta e romantica, diffondendo negli anni 30 del XX secolo l’immagine della “Chicago francese”, capitale di violenza criminale. Ha anche ispirato diversi romanzi “polizieschi” sia in Francia (vedi la celebre Trilogia Marsigliese di Jean-Claude Izzo) sia in Italia (da Giancarlo Fusco a Massimo Carlotto), nei quali l’ambientazione è la città, piuttosto che il porto (perché il porto non è mai stato un importante “teatro” di malavita), mentre – non a caso – è spesso il porto la cornice nel cinema di Robert Guédiguian, che ha raccontato le trasformazioni del mondo operaio, delle quali il porto è stato uno scenario importante.
Di fatto – a differenza che altrove – il sistema porto, con i suoi addetti a tutti i livelli, è certo attraversato dai traffici illeciti, ma non direttamente infiltrato dalle organizzazioni criminali, essendo semmai storicamente luogo di confronto/scontro di natura politico sindacale.
Certo, i traffici della malavita marsigliese si sono sviluppati lungo le rotte commerciali internazionali, anche grazie a una robusta presenza nei vari porti del sistema coloniale, Marsiglia inclusa, che ha permesso ai clan autoctoni di inserirsi in utili reti di contatti e di identificare e indicare rotte relativamente sicure.
Queste rotte furono testate con il traffico di oppio e di piastre (moneta coloniale il cui tasso di cambio in Francia era più vantaggioso) e poi nella “tratta delle bianche”, espansione di un “mercato” che già alla fine del XIX secolo ha scatenato scontri anche violenti per il controllo delle zone più redditizie nei quartieri adiacenti il porto marsigliese. In questo traffico giocarono un ruolo centrale i gangsters marsigliesi Carbone e Spirito: in tutta la Francia venivano reclutate donne, poi spedite a prostituirsi nelle case chiuse in America Latina e nelle colonie. Sarà questa la principale fonte di guadagno per la malavita locale fino alla prima metà del XX secolo.
A partire dagli anni ’50, il traffico di eroina diventa l’attività centrale della malavita locale: la cosiddetta French Connection (che prende il nome dal titolo originale del famoso film di William Friedkin, Il braccio violento della legge, ispirato dalla vicenda di Jacques Angelvin), consiste in un gigantesco sistema di smistamento dell’eroina, raffinata nella regione marsigliese e fatta arrivare per le rotte più disparate a New York, da dove la mafia italo-americana la immette sul mercato.
Data la difficoltà di superare i controlli doganali nei porti statunitensi, l’eroina percorre le stesse rotte della tratta delle bianche, per entrare in seguito negli Stati Uniti via terra. Era anche successo che durante la seconda guerra mondiale e l’occupazione, molti gangsters francesi fossero stati collaborazionisti trovandosi alla liberazione condannati a morte e costretti a scappare. Il più noto di questi, Auguste Ricord, si stabilisce in Paraguay per sfuggire a una condanna a morte in contumacia e da lì fornisce le infrastrutture necessarie a questo nuovo traffico.
Dagli anni 80 in poi, il traffico su queste rotte cambia direzione: i trafficanti che avevano alimentato questo traffico escono progressivamente di scena in seguito a processi e regolamenti di conti. Inoltre, man mano che la domanda di eroina diminuisce e quella di cocaina e cannabis aumenta dagli anni 90 in poi, il porto commerciale marsigliese perde ulteriormente importanza, poiché il traffico avviene prevalentemente via terra dalla Spagna o dall’Olanda, oppure tramite imbarcazioni di piccola stazza – da e verso porti minori – cui fanno varcare l’oceano skipper professionisti.
E le mafie italiane? Si sa della presenza di diverse “locali” di ‘Ndrangheta nel sud-est almeno dal 1993 e negli ultimi decenni sono stati arrestati boss italiani a Marsiglia (Giuseppe Falsone) e Nizza (Antonino Calderone, Michele Zaza); inoltre, Bernardo Provenzano è stato operato due volte a La Ciotat nei primi anni 2000.
Ma, come le mafie cosiddette russofone, sono marginali all’organizzazione e radicate per lo più intorno a Nizza, mentre a Marsiglia restano imperanti i clan autoctoni attualmente in ricomposizione.