Le parole del Presidente Mattarella riproducono i contenuti di un famoso messaggio del Presidente Ciampi sulla libertà d’informazione e i contenuti stessi della nostra Carta costituzionale.
La libertà di manifestazione del pensiero, tra le libertà fondamentali, è certamente quella che più caratterizza i rapporti tra lo Stato e i cittadini, contribuendo significativamente a delineare, in relazione alla sua disciplina, una determinata forma di Stato.
Diceva uno dei nostri più grandi costituzionalisti, Livio Paladin, che «lo stesso sistema democratico di stampo occidentale o liberale non potrebbe vigere in Italia, se non sussistessero le situazioni garantite dall’art. 21 della Costituzione repubblicana»
Fermissimo è stato anche il monito della Corte costituzionale in ripetute sue decisioni fondate sul concetto chiave che l’art.21 e la libertà d’informazione costituiscono un cardine del nostro ordinamento democratico.
L’art. 21 Cost., che solennemente proclama uno tra i principi caratterizzanti del vigente ordinamento democratico, garantendo a “tutti” il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero “con ogni mezzo di diffusione” e dettando per di più ulteriori e specifiche norme a tutela della stampa, quale mezzo di diffusione tradizionale e tuttora insostituibile ai fini dell’informazione dei cittadini e quindi della formazione di una pubblica opinione avvertita e consapevole. (Corte cost 105 del 1972)
Da un lato, infatti, non é dubitabile che sussista, e sia implicitamente tutelato dall’art. 21 Cost., un interesse generale della collettività all’informazione (sent. n. 105 del 1972; sent. n. 225 del 1974), di tal che i grandi mezzi di diffusione del pensiero (nella più lata accezione, comprensiva delle notizie) sono a buon diritto suscettibili di essere considerati nel nostro ordinamento, come in genere nelle democrazie contemporanee, quali servizi oggettivamente pubblici o comunque di pubblico interesse (Corte cost. n.94 del 1977)
Proprio da qui deriva “l’imperativo costituzionale” che “il diritto all’informazione”, garantito dall’art. 21 della Costituzione, venga qualificato e caratterizzato, tra l’altro, sia dal pluralismo delle fonti cui attingere conoscenze e notizie -così da porre il cittadino in condizione di compiere le proprie valutazioni avendo presenti punti di vista e orientamenti culturali e politici differenti- sia dall’obiettività e dall’imparzialità dei dati forniti, sia infine dalla completezza, dalla correttezza e dalla continuità dell’attività di informazione erogata (sentenza n. 112 del 1993). Corte cost. n. 155 del 2002).
Queste sono solo alcune delle possibili citazioni della Corte. Forse sarebbe solo il caso di riflettere, per un attimo, su che cosa significhi mettere in discussione questi sacri principi o addirittura calpestarli. Ed ancora di più, quale significato possa avere una violazione di tutto questo da parte di chi ha giurato, magari distrattamente, sulla nostra Costituzione.