L’ultima lettera di Paolo Borsellino

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Sono le 5 del mattino del 19 luglio 1992 a Palermo, Paolo Borsellino è già in piedi come fa ogni giorno, anche se quello non sarà un giorno come gli altri. Perché poche ore dopo, a via d’Amelio, salterà in aria insieme alla scorta. Quella mattina decide di non lavorare, così si dedica alla corrispondenza che si è accumulata sulla sua scrivania. Fra le lettere, quella spedita da un liceo di Padova, dove era stato invitato ad un’assemblea mesi prima. Borsellino quell’invito non lo ha mai ricevuto, e risponde alle proteste degli studenti con una lettera mostrata per la prima volta a Palermo in una mostra organizzata Consiglio Nazionale del Notariato. “

è la prima domenica, dopo almeno tre mesi, che mi sono imposto di non lavorare e non ho difficoltà a rispondere, però in modo telegrafico, alle Sue domande” Sono giorni convulsi, l’amico di una vita Giovanni Falcone è stato ucciso meno di due mesi prima, Paolo Borsellino sa che il tempo che gli rimane è poco. Intervenendo ad un convegno racconterà con voce rotta: “raccogliendo fra le mie braccia gli ultimi respiri di Giovanni Falcone pensai che si trattava di un appuntamento rinviato”. Con Lamberto Sposini che lo intervistò fu ancora più esplicito: siamo cadaveri che camminano. Borsellino sa che verrà ammazzato, ma non sa quando. Decide comunque di rispondere. 

Oggi non è certo il giorno più adatto per risponderle perché frattanto la mia città si è di nuovo barbaramente insanguinata ed io non ho tempo da dedicare neanche ai miei figli, che vedo raramente perché dormono quando esco da casa ed al mio rientro, quasi sempre in ore notturne, li trovo nuovamente addormentati” Negli ultimi giorni di vita Borsellino confidò alla madre di aver smesso di coccolare la figlia più piccola Fiammetta, e stava cercando di allontanarsi affettivamente anche dagli altri figli perché soffrissero di meno quando lo avrebbero ucciso. Nella malinconia delle sue parole però emerge uno spiraglio, affidato alle nuove generazioni più attente contro la mafia. “…i giovani, siciliani e no, hanno oggi una attenzione ben diversa da quella colpevole indifferenza che io mantenni sino ai quarant’anni. Quando questi giovani saranno adulti avranno più forza di reagire di quanto io e la mia generazione ne abbiamo avuta”.


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