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Livorno, il Carnevale degli stupefacenti

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di Federico Lazzotti

E’ la mattina del 5 maggio 2017 e a Livorno, dopo la libecciata dei giorni precedenti, c’è un bel sole primaverile. Un signore in bermuda e maniche di camicia passeggia con il cane lungo il viale Italia, tra i marmi bianchi e neri della Terrazza Mascagni, il Grande Hotel Palazzo e gli storici bagni Pancaldi. Al largo, guardando verso l’isola-carcere di Gorgona, un sottufficiale dell’Accademia è impegnato in una lezione di vela a una decina di allievi.
Il Carnevale della droga in città arriva all’improvviso e non è uno scherzo: in pochi minuti, una segnalazione dopo l’altra, la Capitaneria recupera in mare una decina di zaini neri legati e tenuti a galla da zavorre che la corrente ha spinto a riva.
Dentro ci sono 200 chili di cocaina purissima divisi in panetti con stampato sopra il simbolo della Porsche, marchio di fabbrica dei narcos colombiani. Il valore complessivo del carico sul mercato è impressionante: 15 milioni di euro. A Livorno, dove si fa ironia su ogni cosa, anche sulle peggiori disgrazie, le battute si sprecano. La rubrica satirica del quotidiano livornese “Il Tirreno” – “La Tracina” – la settimana successiva dedica ampio spazio allo stupefacente ritrovamento. “Stabilimenti balneari – recita una vignetta – ingresso normale 5 euro, 25 con la consumazione”, mentre nel disegno un pesce con la pupilla dilatata e uno zaino nero a tracolla si tuffa da uno scoglio sostenendo di essere Tania Cagnotto.
In Procura, però, nessuno ha voglia di scherzarci su. Anzi per il procuratore capo Ettore Squillace Greco, calabrese di nascita e nella vita precedente alla Direzione distrettuale antimafia di Firenze, questo ennesimo sequestro di droga, seppur casuale, ha un significato preciso.
Ed è la conferma a una tesi precisa: Livorno è una delle porte principale da cui entrano in Europa carichi di stupefacenti in arrivo dal Sudamerica e dietro a questo business c’è l’ombra della ‘ndrangheta. Scrive il magistrato nella relazione sull’amministrazione della giustizia per il 2017 inviata all’inizio di quest’anno al procuratore generale della Corte d’appello di Firenze: “Com’è ormai noto, il porto di Livorno è uno snodo importante nei canali del traffico internazionale di sostanze stupefacenti.
Il ritrovamento di circa 200 chili di cocaina custoditi in borsoni galleggianti davanti alla Terrazza Mascagni e all’Accademia navale ne è una significativa conferma”. Per mesi la guardia costiera – senza per il momento arrivare alla soluzione del rompicapo – ha analizzato il traffico marittimo delle notti precedenti, centinaia le imbarcazioni passate al setaccio per arrivare a quella da cui è stato sganciato il carico perduto – probabilmente perché il Gps collegato ai borsoni si è staccato – destinanto a chi avrebbe dovuto recuperarlo.
C’è però un’altra maxi inchiesta dalla quale è possibile ricostruire la penetrazione delle mafie in Toscana. Ed è legata all’omicidio di Giuseppe Raucci, un broker ucciso a Tirrenia, in provincia di Pisa il 9 dicembre 2015 per aver tradito l’organizzazione sostituendo la cocaina che arrivava dalla Colombia con zucchero.
E’ da questo delitto che i carabinieri del nucleo investigativo di Livorno insieme alla Dda e al nucleo di polizia tributario della Finanza sono riusciti a risalire all’organizzazione tosco-calabrese che gestiva il traffico di droga. Un’indagine che oltre alle condanne che sono seguite, ha squarciato quel velo di provincialismo che spesso viene appiccicato alla criminalità livornese, descritta come rozza, istintiva e improvvisata. In questo caso si trattava, invece, di un sodalizio ramificato e capace perfino di uccidere e che aveva collegamenti con la ’ndrangheta, attraverso Domenico Lentini, uomo dell’omonima cosca inviato in Toscana. E in città l’organizzazione era ramificata, con un regista, Riccardo Del Vivo, vecchia conoscenza della malavita labronica «stipendiato dal clan calabrese con 20 mila euro al mese».
E’ dai frenetici movimenti degli indagati e dalle frasi in codice intercettate dopo il delitto – la cocaina era la bimba, il container con la droga il ristorante-  che gli inquirenti sono riusciti a sequestrare 132 chili di cocaina. Era il 12 settembre 2016. Nel marzo scorso l’ultimo colpo alla criminalità con il sequestro in porto di 200 chili di cocaina trovati all’interno di un container. Valore 40 milioni di euro.

Da mafie


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