BASTA VIOLENZA SULLE DONNE - 25 NOVEMBRE TUTTI I GIORNI

“L’apparizione” – di Xavier Giannoli

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In Vaticano esiste un archivio segreto a perdita d’occhio, e ultra tecnologizzato, che contiene i dossier di ogni Apparizione avvenuta e segnalata su questa Terra da tempi immemori. Più ci avviciniamo al presente e più i fascicoli si arricchiscono di informazioni scientifiche, test, analisi di laboratorio, esami estremamente sofisticati. Sono il risultato di “inchieste canoniche” che la Chiesa ha eseguito e continua a eseguire per stabilire se i fenomeni descritti dai ‘veggenti’ possano essere catalogati quali eventi soprannaturali oppure siano il frutto di finzione, di inganno, di disturbi mentali.

Ma che cosa sono le Apparizioni? In gergo esse si riferiscono a visioni della Vergine Maria, ma più genericamente possono riguardare altre presenze celesti, incorporee, come per esempio gli angeli, i santi, le anime dei trapassati; e persino il loro contrario, cioè le entità demoniache che assumono aspetti mendaci per ingannare i fedeli, tendendo loro dei trabocchetti. E per questi intervengono gli esorcisti. C’è chi ride di tutto ciò, non altro che residui di superstizioni e di ignoranza. Non tanto la scienza in sé, che per natura è aperta a ogni dubbio metodico, ma gli irremovibili razionalisti i quali reputano oscurantismo tutto ciò che non può essere dimostrato dalle leggi della fisica e sono convinti che il mistero  non esista. O meglio sia unicamente il riverbero della nostra ignoranza, destinato a dissolversi alla luce dei sempre più avanzati traguardi del progresso scientifico. Tutto sarà spiegabile dal calcolo matematico. Tuttavia il problema resta poiché il buio si allarga a misura di ogni nuova conquista della luce, tanto minuscola appare la parte illuminata rispetto al buio pressoché totale che ci circonda. “So di non sapere” affermava Socrate. E il mistero può diventare persino vertiginoso quando si sostituisce all’esercizio della razionalità l’uso della mitografia, identificando il buio con il male, la cui presenza nel mondo è imperscrutabile, sia nell’essenza che nell’azione che nei confini.

Come accade per tutti i concetti ancipiti sappiamo che il bene non esiste senza il male, allo stesso modo in cui la guerra è l’altra faccia della pace, la notte del giorno, la salita della discesa. Un aspetto può esistere unicamente in funzione dell’altro, indissociabilmente.

La lotta senza posa per prevalere tra il buio e la luce, tra il bene e il male, ha inizio nel gorgo dei tempi, quando forse la terra ancora apparteneva al magma primigenio, senza una forma, e il caos dell’universo rappresentava la violenza primordiale di quel conflitto. Il quale tuttora esiste nello spazio infinito e, non troppo paradossalmente, anche nel cuore dell’essere umano che è appena un palpito di vita sulla crosta del globo terrestre, minuscolo pianeta sperduto tra i miliardi di galassie. In definitiva le religioni non parlano da millenni di questo scontro titanico? Lo stesso avvento di Gesù Cristo sulla Terra, annunciatore della Buona Novella, non è stata descritta quale epifania, rappresentazione umana e divina insieme, del glorioso trionfo del bene? Non prevalebunt: le forze del male non prevarranno.

A presidio di tutto ciò, in seno alla Chiesa è nata la Congregazione per la Dottrina della Fede, che vigila anche sul fenomeno delle Apparizioni e la loro dimostrabilità oltre ogni ragionevole dubbio.

Da giornalista ho vissuto personalmente questa dimensione sospesa tra umano e soprannaturale recandomi per due volte a Medjugorjie. Ed ora ritrovo buona parte della mia esperienza raccontata in un film francese di fine tessitura intitolato L’APPARIZIONE, diretto da Xavier Giannoli e interpretato magistralmente da Vincent Lindon (ricordate “Welcome”?), un interprete ruvido che ricorda il nostro Gian Maria Volontè, ma con minor istrionismo e una recitazione più essenziale, più asciutta. In questo caso grazie anche alla presenza della co-protagonista Galatéa Bellugi, un volto di splendida innocenza in cui perdersi. La giovanissima novizia, Anna, ha visto la Madonna, in uno sperduto paesino nel sud della Francia, il quale in brevissimo tempo viene preso d’assalto dal popolo dei pellegrinaggi. Il francescano Padre Borrodine, a cui la piccola Anna ha rivelato il suo segreto, si è impossessato, in buonissima fede, dell’evento miracoloso che gestisce con gelosa ed esclusiva proiettività. La Chiesa di Roma però tentenna,  un alto prelato convoca negli ovattati palazzi apostolici un giornalista famoso per i suoi reportage dal Medio Oriente, frutto di indagini severe e inflessibili. Jacques Mayano è appena tornato da una missione in cui ha perso la vita il fotografo che è stato sempre al suo fianco. Jacques è riuscito a salvare la macchina fotografica ancora insanguinata e la scheda degli scatti effettuati; egli stesso avendo riportato una dolorosa lesione al timpano, che a stento lenisce istillando gocce analgesiche. La Curia gli chiede di recarsi sul luogo del miracolo per scoprire cosa ci sia dietro il supposto prodigio; di più, lo invita di entrare a far parte della commissione che conduce l’Inchiesta Canonica sulla Apparizione. “Lei crede?” Gli domanda il monsignore. “Non so. Ho fatto la prima comunione”. “E poi?” “Più nulla, non sono un praticante”. La sincera ammissione è il suo lasciapassare. Il giornalista riprende in spalla il sacco da viaggio e si reca in auto nel piccolo paese. Ciò che vede è esattamente lo scenario in cui mi sono imbattuto io stesso, per più giorni, in Bosnia-Erzegovina: centinaia, migliaia di credenti che accorrono da ogni angolo del pianeta per poter accostare di persona la creatura prescelta dalla Madonna, recarsi sulla collina dove la Vergine è apparsa, prostrarsi a pregare sul suolo sacro. Ognuno porta la corona del rosario intrecciata alle dita, ognuno è lì per cercare una risposta, invocare una consolazione, un segno, la rivelazione. E intorno alla ressa sempre più compatta degli oranti, l’inesorabile ‘circo della fede’ con gli innumerevoli negozi di oggetti di devozione, immagini della Veggente in pose misticheggianti, statuine della Vergine, libri di fotografie, opuscoli, guide, mappe, DVD, souvenir, medagliette d’oro e d’argento. Non manca il prete regista in disinvolto  clergyman da set, che riprende ogni avvenimento, cuce interviste, crea suggestivi effetti speciali, e segue in ogni azione la novizia, già santificata dalla folla, incalzandola con domande edificanti, costruendo su di lei e intorno a lei l’aura del prodigio vivente.

Il giornalista tutto osserva, tutto appunta e cataloga, come d’abitudine; partecipa alle riunioni della commissione, rivolge anche lui domande alla ragazzina, pervaso da un visibile turbamento, e si impegna onestamente a mettersi sulle tracce dei suoi trascorsi, di episodi significativi e concreti della sua vita privata, prima di avventurarsi alla cieca sul terreno sdrucciolevole di una verità che solo lei conosce. Dal suo canto anche Anna cerca di approfondirne la figura del giornalista compulsando la rete; ed è come se i due si scrutassero a distanza in attesa di un incontro più personale che non tarderà ad arrivare. Tra le varie tessere del puzzle che Jacques sta mettendo pazientemente insieme, c’è anche un telo grezzo intriso di sangue rappreso, divino?, di cui non si conosce la provenienza, ma il gruppo sanguigno sì, il medesimo della Sacra Sindone. Tuttavia la scoperta più sorprendente è il ritrovamento della metà di una antica icona lignea della Vergine, la cui altra metà, perforata dai proiettili, è uno dei reperti da lui salvati tra gli oggetti del fotografo ucciso nell’agguato. A tratti si prova l’impressione che dietro l’intera vicenda ci sia la mano di un occulto burattinaio che tira fili invisibili, e di assistere allo scontro senza quartiere all’interno della Chiesa stessa tra chi vuole a tutti i costi avvalorare la versione della santa Apparizione e chi trama per inficiarla.

Il passato della ragazza presenta zone oscure, e certe sue affermazioni potrebbero risultare artefatte.  Eppure Anna conduce una vita irreprensibile, da santa martire, si nutre al minimo indispensabile, a volte di sola acqua rischiando il collasso; trascorre il tempo a pregare inginocchiata sul nudo pavimento, e le sue risposte a qualsiasi provocazione sono di un’anima senza macchia. Va anche aggiunto che, in un raro momento in cui Jacques e Anna rimangono soli, l’uno di fronte all’altra, e il giornalista è assalito da una fitta violentissima all’orecchio, lei gli prende la testa tra le braccia, lo tiene stretto a sé, gli impone la mano, e il dolore scompare.

Pur nel suo agnosticismo, Mayano entra in uno stato d’animo in cui le certezze incrostate non hanno più valore e si è costretti a fare i conti con dimensioni dell’esistenza di cui abbiamo insufficiente cognizione, e sono quindi capaci di sovvertire i nostri schemi mentali. L’inchiesta lo assorbe totalmente, si mostra distratto e persino insofferente nei confronti della moglie che lo contatta su Skype, preoccupata per lui. Per quanto scosso, non trascura il rigore delle indagini, e scopre un insospettabile scambio di lettere tra Anna e la ragazza di un villaggio africano. Una pista che forse lo aiuterà a sciogliere l’enigma e a ridisegnare l’intera vicenda con diversi contorni. Ma l’evento portentoso, sia pure soltanto sfiorato, compie il suo corso e la storia si chiude drammaticamente senza una risposta certa.

Il mistero è tale appunto perché non è afferrabile né misurabile con gli strumenti della ragione. Nel suo ultimo libro Il fallimento della consapevolezza, Raffaele La Capria che ha compiuto 96 anni, afferma senza esitazione: “Insomma io credo che il mondo sia misterioso. In questo senso posso dire che ho un concetto religioso della vita e ritengo non sia possibile una rappresentazione totale del mondo se non attraverso una intuizione poetica”. Poi lo scrittore ancora una volta cita San Gregorio di Nissa: “I concetti creano gli idoli. Solo lo stupore conosce”.

Se esistono delle creature di luce che vengono a visitarci, esse non possono apparirci di giorno, quando sono trasparenti, luce su luce, ma all’imbrunire quando il cielo e la terra offrono un fondale più denso su cui l’occhio a volte riesce a cogliere presenze sfuggenti, ultrafaniche. Indelebili bagliori del sacro.


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