E’ la quarta volta in poche settimane che il Presidente della Repubblica deve (perché credo proprio che questo sia il verbo giusto) intervenire per ricordare a tutti che il pluralismo e la libertà delle opinioni sono condizioni imprescindibili per un Paese civile, come afferma la nostra Costituzione.
Di per sé già questo fatto spiega in modo lampante il livello di rischio che stiamo correndo per un attacco senza precedenti nei confronti dei mezzi di informazione. Dico senza precedenti pensando lucidamente a quello che fecero i governi Berlusconi e a come i giornalisti allora si opposero senza timidezze e con grande dignità e determinazione.
Ma oggi il contesto internazionale e sociale in cui avvengono questi attacchi, reiterati praticamente ogni giorno, rende la situazione veramente esplosiva. Attraverso il bavaglio all’informazione professionale si vuole moltiplicare ulteriormente il peso della disinformazione che viaggia sul web in modo devastante e che sta condizionando le scelte politiche dei cittadini di tutti i paesi, non soltanto del nostro. Operazioni illecite e ancora a noi non chiare viaggiano con la velocità della rete e diffondo modelli di disvalore, ansie immotivate, vere e proprie falsità, messaggi occulti devianti.
E allora qual è la colpa dei giornalisti? Quella di continuare a fare informazione autentica, basata sui fatti, sulle fonti verificate e verificabili, sui numeri, sulle ricerche qualificate, sui documenti autentici. I giornalisti non parlano a vanvera di problemi che non conoscono solo come fanno oggi i politici per un pugno di voti in più, commettono molti errori, è ovvio, a volte sono faziosi e questo non ci piace, ma nella stragrande maggioranza sono impegnati a difendere i valori fondanti della nostra Costituzione e della democrazia che i nostri padri e nonni ci hanno lasciato a prezzo della loro fatica e spesso della loro vita.
Per chi semina odio a piene mani e per chi non ha più la possibilità di nascondere la propria totale incapacità è duro sentirselo ricordare dalla stampa libera che non può essere piegata e quindi ogni scusa è buona per cercare di fermarla.
Non c’è più un minuto da perdere: nel nome della Costituzione, forti della vigilanza del nostro capo dello stato, affianchiamo i nostri sindacati e il nostro ordine e manifestiamo compatti, superando anche le nostre diversità di vedute, per la libertà di informazione e di opinione, per il diritto ad informare e a essere informati, per la sopravvivenza di una stampa che sia davvero – come si diceva un tempo – il cane da guardia della democrazia. Quali che siano i poteri che comandano, le loro più grandi paure sono la memoria e la verità.