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In Italia non c’è un’invasione di migranti: numeri stabili dal 2013

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Dossier Statistico Immigrazione di Idos. L’incidenza sulla popolazione complessiva, pari all’8,5%, risulta più bassa di quella di Germania (11,2%), Regno Unito (9,2%) e diversi altri paesi più piccoli dell’Unione. Calano gli arrivi ma non le morti in mare. In tutto 354 mila richiedenti asilo, lo 0,6% della popolazione

ROMA – Secondo l’ultima relazione della Commissione parlamentare Jo Cox sulla xenofobia e il razzismo  l’Italia è il paese del mondo con il più alto tasso di disinformazione sull’immigrazione. Non sorprende perciò che, secondo un sondaggio del 2018 condotto dall’Istituto Cattaneo, gli italiani risultino essere i cittadini europei con la percezione più lontana dalla realtà riguardo al numero di stranieri che vivono nel paese, credendo che ve ne siano più del doppio di quelli effettivamente presenti. In realtà nell’Ue a 28 Stati, dove – in base agli ultimi dati Eurostat al 1° gennaio 2017 – i cittadini stranieri sono 38,6 milioni (di cui 21,6 non comunitari) e incidono per il 7,5% sulla popolazione complessiva, l’Italia non è né il paese con il numero più alto di immigrati né quello che ospita più rifugiati e richiedenti asilo. Con circa 5 milioni di residenti stranieri (5.144.000 a fine 2017, secondo l’Istat), viene dopo la Germania, che ne conta 9,2 milioni, e il Regno Unito, con 6,1 milioni, mentre supera di poco la Francia (4,6 milioni) e la Spagna (4,4). A sottolinearlo è il dossier statistico Immigrazione 2018, realizzato da Idos insieme alla rivista Confronti e Unar. Il Dossier è stato presentato questa mattina a Roma.

“La presentazione del dossier è dedicata al comune di Riace – ha spiegato Luca Di Sciullo, presidente di Idos -. Come sapete il sindaco è coinvolto in vicende giudiziarie ed è stato oggetto da pare del ministero dell’interno di una comunicazione su irregolarità nelle gestione dello Sprar. Auspichiamo che non si svilisca questa esperienza di integrazione riconosciuta in tutto il mondo”.

Secondo il rapporto, l’incidenza sulla popolazione complessiva, pari all’8,5% (dato Istat), risulta più bassa di quella di Germania (11,2%), Regno Unito (9,2%) e diversi altri paesi più piccoli dell’Unione, dove i valori superano anche in maniera consistente il 10% (Cipro 16,4%, Austria 15,2%, Belgio 11,9% e Irlanda 11,8%). L’incidenza più alta si registra nel Lussemburgo, dove gli stranieri sono quasi la metà di tutti i residenti (47,6%). Lo stesso Eurostat rileva che il numero degli immigrati entrati in un paese Ue nel corso del 2016 (ultimo anno disponibile), pari a circa 4,3 milioni, è stato inferiore dell’8% rispetto all’anno precedente, mentre sono state circa 3 milioni le persone che nel frattempo hanno lasciato un paese comunitario (diverse delle quali per trasferirsi comunque all’interno dell’Unione). Inoltre nel 2017, a fronte di un contesto mondiale caratterizzato da un aumento delle migrazioni, l’Ue ha conosciuto un drastico calo sia degli attraversamenti irregolari delle frontiere (diminuiti di 9 volte rispetto al boom del 2015), sia delle richieste d’asilo presentate (-43,5% rispetto al 2016).

Residenti stranieri Ue - InfoG Idos

Dunque, nonostante la percezione di un paese “invaso” dagli stranieri, al netto dei movimenti interni, il loro numero è pressoché stabile intorno ai 5 milioni dal 2013; e la loro incidenza, nell’ordine dell’8% sempre dal 2013, aumenta di pochissimi decimali l’anno, soprattutto a causa della diminuzione della popolazione italiana, sempre più anziana (gli ultra65enni sono 1 ogni 4, mentre tra gli stranieri 1 ogni 25), meno feconda (1,27 figli per donna fertile, contro 1,97 tra le straniere) e tornata a emigrare verso l’estero (quasi 115.000 espatriati ufficiali nel corso del 2017: un dato sottodimensionato se si considera che molti, nel trasferirsi all’estero, trascurano di effettuare la cancellazione anagrafica, non essendo obbligatoria). Aggiungendo ai residenti stranieri la quota di immigrati che, alla data della rilevazione, non erano ancora iscritti nelle anagrafi, Idos stima in 5.333.000 il numero effettivo di cittadini stranieri regolarmente presenti in Italia, 26.000 in meno rispetto alla stima del 2016. I soggiornanti non comunitari, in particolare, sono – secondo il Ministero dell’Interno e l’Istat – 3 milioni e 700mila, un numero sostanzialmente invariato da 3 anni, anche per la consistente diminuzione di quelli sbarcati: 119.000 (-62.000 rispetto al 2016).

Un calo divenuto ancor più drastico nel 2018: l’aumento degli arrivi ha subito uno stop proprio nel 2017, dopo quattro anni in cui ne sono giunti, nel complesso, circa 625.000 persone. La quasi chiusura della rotta del Mediterraneo centrale ha determinato anche la drastica riduzione dei minori stranieri non accompagnati (msna) giunti in Italia a seguito di soccorso in mare: a fronte degli oltre 25.800 del 2016, nel 2017 il loro numero è sceso a circa 15.800, per ridursi a 2.900 nei primi 7 mesi del 2018. Ne è derivata una forte riduzione di quelli accolti: poco più di 13.000 a giugno 2018, il 26% in meno rispetto allo stesso periodo del 2017. Si tratta per lo più di ragazzi maschi (93%), tra i 16 e i 17 anni (84%), originari specialmente di Albania, Egitto, Guinea, Costa d’Avorio ed Eritrea. Tra le ragazzine, soprattutto nigeriane, molte sono vittime di tratta a scopo sessuale. Alla stessa data, del resto, erano quasi 4.700 i msna irreperibili, soprattutto eritrei, somali e afghani, mossi dall’intenzione di raggiungere la Germania, la Svezia o l’Inghilterra, dove hanno parenti o sperano di trovare migliori condizioni di inserimento (dati Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali).

Ma la radicale riduzione degli arrivi è stata ottenuta pure a prezzo di un aumento del tasso di mortalità in mare: secondo l’Oim, tra gennaio e settembre 2018 ben 1.728 in tutto il Mediterraneo, di cui 3 su 4 (1.260) nella sola rotta tra Libia e Italia, anche a causa della diminuita capacità di ricerca e soccorso in mare provocata dalla delegittimazione ed esclusione delle navi di Ong impegnate in tali operazioni (ad esse era dovuto circa il 35% dei salvataggi). L’Oim calcola che, su complessivi 40.000 migranti deceduti in mare in tutto il mondo dal 2000 ad oggi, quelli morti nella rotta italo-libica siano ben 22.400. Un dato che rende ancora più prezioso il progetto pilota dei corridoi umanitari, avviato in Italia da Comunità di Sant’Egidio, Federazione delle Chiede Evangeliche in Italia e Tavola Valdese, in intesa con i Ministeri dell’Interno e degli Affari Esteri, portando in Italia dal Libano, in modo sicuro e protetto, 1.249 richiedenti asilo (dato al luglio 2018), di varia nazionalità (siriani, palestinesi, iracheni, yemeniti). Nel giugno 2017 circa il 70% aveva ottenuto lo status di rifugiato e nessuna domanda si era risolta con un diniego. Anche la Cei, ancora in collaborazione con la Comunità di Sant’Egidio e i suddetti Ministeri, ha aperto un corridoio umanitario in Etiopia: a giugno 2018 erano 327 i profughi accolti, sui 500 previsti in 2 anni. Intanto questo modello italiano è stato ripreso prima dalla Francia e poi dal Belgio.

In tutto secondo l’Unhcr sono 354.000 i richiedenti asilo (compresi quelli ancora privi di titolo formale o la cui domanda è sotto esame) e titolari di protezione internazionale o umanitaria presenti in Italia, lo 0,6% dell’intera popolazione del paese. Se per un verso il numero assoluto colloca l’Italia al terzo posto nell’Ue, dopo la Germania (1,4 milioni di richiedenti e titolari di protezione, con questi ultimi che da soli ammontano a circa 1 milione) e la Francia (400mila), l’incidenza sulla totalità degli abitanti è perfettamente in linea con la media comunitaria, al pari di quella della Francia e dei Paesi Bassi, ed è preceduta da vari paesi, come la Svezia (2,9%), l’Austria e Malta (1,9%), la Germania e Cipro (1,7%), la Grecia (0,8%), mentre non superano lo 0,1% tutti i “nuovi” Stati membri dell’Europa orientale (ad eccezione della Bulgaria, con lo 0,3%).

Da redattoresociale


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