Ezio Mauro, il giornalismo come dovrebbe essere 

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Compie settant’anni Ezio Mauro, storico direttore della Stampa e di Repubblica, per un quarto di secolo ai vertici del giornalismo liberal-progressista e autore di memorabili battaglie contro il berlusconismo e in nome di un’altra idea d’Italia e d’Europa.
Piemontese di Dronero, in provincia di Cuneo, noto per il suo carattere non proprio accomodante, al pari di quasi tutti i figli migliori di quella terra agra e partigiana, resiste in lui quell’azionismo tipico dei vecchi sabaudi e zone limitrofe, quell’ispirazione marcatamente gobettiana, quella cultura che affonda le radici nella gioventù del D’Azeglio, in Bobbio e Mila, in un tempo e in un mondo che non ci sono più ma che costituiscono ancora gli esempi da seguire per una sinistra in cerca di riscossa e di buoni maestri.

Il legame di Mauro con la sinistra è stato sempre forte, radicato, critico, al punto che i detrattori lo hanno spesso accusato di aver fondato un partito, ricevendo in risposta una significava lezione sulla missione civile di un quotidiano orgogliosamente e dichiaratamente di parte.
Una coscienza politica profonda, un senso del dovere anch’esso tipicamente piemontese, una passione costituzionale spiccata e una volontà costruttiva: sono questi gli elementi principali che hanno animato la sua direzione nel ventennio trascorso a Repubblica, inserendosi nel solco di Scalfari e conducendo l’unico quotidiano davvero nazionale alle soglie e nel cuore del Terzo millennio, in un mondo che cambia sempre più rapidamente e al centro di una crisi, economica e non solo, di proporzioni devastanti.
Il giovane cronista che a neanche trent’anni era finito nel mirino delle Brigate Rosse, per via dei suoi articoli e delle sue denunce contro la barbarie del terrorismo, è sopravvissuto a quella stagione di odio e di violenza ferina, fino a trasformarsi in un grande direttore, in grado di dare un’impronta chiaramente riconoscibile al proprio giornale e alla comunità che in esso si riconosce. Una comunità ampia, plurale, colta, desiderosa di costruire un Paese migliore e una sinistra attrezzata a competere con le sfide globali del Ventunesimo secolo. Una comunità aperta, pulita, unica nel suo genere, capace di crescere insieme e di trovare insieme la strada e le chiavi interpretative del domani. Una comunità che, in parte, ha resistito anche all’avvento del renzismo, benché lo stesso Mauro abbia avuto, in alcune circostanze, dei cedimenti che da un professionista del suo calibro non mi sarei aspettato.
Buon compleanno e grazie: come giovane collega e come affezionato lettore.
P.S. Ci ha detto addio, all’età di ottantasette anni, Aris Accornero, sociologo del lavoro che nel ’57 venne licenziato dalla RIV di Torino per le sue idee politiche e la sua militanza nel PCI e nella CGIL. Una grande coscienza operaia che, oggi più che mai, ci mancherà.

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