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Desirée, Gazzi (assistenti sociali): “Da anni denunciamo il collasso dei servizi”

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“Il quesito che oggi grida è: perché quella ragazza è rimasta sola?”: così Gianmario Gazzi, presidente nazionale dell’Ordine degli assistenti sociali, interviene sulla morte della sedicenne. “Le risorse non bastano se non c’è integrazione dei servizi. L’urgenza è costruire un sistema di welfare”

ROMA – I servizi sociali hanno bisogno di risorse – e le attendono dalla Legge di bilancio in arrivo – ma anche di politiche e integrazione: in assenza di queste, non potranno essere efficaci e usciranno sconfitte da “biografie complesse”, come quella di Desirée: è questo, in sintesi, l’appello che l’Ordine nazionale degli assistenti sociali, tramite la voce del presidente Gianmario Gazzi, lancia nei giorni in cui si attende la nuova Legge di bilancio. Gli stessi giorni in cui si piange la morte di una sedicenne a Roma, vittima di assenze  e di sostanze, in una vicenda che con la sicurezza ha a che fare solo indirettamente: non è un caso che “un tempo l’assistenza si chiamasse tecnicamente ‘sicurezza sociale’ – spiega Gazzi a Redattore sociale – perché solo la creazione e il funzionamento di una rete sociale sul territorio previene ed evita l’abbandono di cui Desirée è stata vittima. Perché il quesito che oggi grida è: perché quella ragazza è rimasta sola? E’ questa la domanda che ogni operatore sociale, ma anche ogni decisore politico, deve continuare a porsi in questi giorni”.

Un interrogativo che chiama in causa il sistema dell’assistenza sociale, ma “non possiamo mettere in croce i miei colleghi – precisa Gazzi – che possono essere bravi o meno, ma se devono seguire 300 o 400 casi, in modo isolato e non integrato con gli atri attori sociali, come possono essere efficaci e risolutivi, di fronte a situazioni di grave marginalità, come quella in cui evidentemente Desirée si trovava?”.

Un problema di risorse, ma solo in parte: “Qui si parla di un incremento, per esempio, del fondo povertà, da 2,7 a 9 miliardi: una buona notizia per noi, ma solo se questo aumento di risorse sarà accompagnato da un investimento in termini di coordinamento, organizzazione e integrazione dei servizi. Perché la povertà economica, ma anche educativa e sociale, è un fenomeno complesso e multifattoriale, che difficilmente si può risolvere attivando un solo servizio e una sola competenza. Per questo insistiamo a parlare di ‘sistema di welfare’, perché il sostegno sociale a compartimenti stagni non può essere efficace. Deve esserci una regia forte degli interventi, che negli anni però è venuta a mancare, per via dei tagli e delle esigenze di bilancio”.

Integrazione dei servizi è quindi l’arma efficace contro la povertà nella sua complessità e nella costruzione della “sicurezza sociale”. Esempio emblematico di questa integrazione sono, per Gazzi, i consultori familiari,che sono “tipicamente un servizio integrato. Negli ultimi anni, sono stati depauperati”. Un altro esempio di integrazione è la presenza di assistenti sociali nei contesti sanitario: “un tempo erano una folta schiera – ricorda Gazzi -, oggi invece sono pochissimi. Il rischio che corriamo è di tornare indietro, con questa settorializzazione eccessiva dell’intervento sociale e l’incapacità diffusa dei sistemi di parlare tra loro”.

In questo momento, i servizi sociali operano attraverso “un livello straordinario di interventi, che grava sostanzialmente su tutti gli operatori del sistema (non gli solo assistenti sociali) – precisa Gazzi – costretti a dare risposte ‘a canne d’organo’, come diciamo in gergo – conclude Gazzi – Benissimo quindi che ci siano più risorse ed è quello che ci auspichiamo dalla prossima legge di Bilancio. Ma voglio ribadire oggi, profondamente scosso dalla storia di Desirée, che è essenziale investire anche sull’integrazione tra i servizi del territorio. La morte di Desirée non è il fallimento di una parte del welfare (solo i servizi, o solo della famiglia ecc.) ma di tutti gli adulti, di tutti i livelli delle istituzioni. Come assistenti sociali, siamo consapevoli professionalmente che nessuno di noi ha il potere di salvare tutte le vite, ma denunciamo da anni una situazione di vero e proprio collasso dei servizi, vittime di logiche di risparmio lineare e di una politica manageriale, in cui la questione dei costi è dominante e la spesa sociale è considerata ‘improduttiva’. E’ per colpa di questa logica che poi il dramma si fa carne e ossa, con la storia di Desirée, che è una storia di ‘povertà’. Per lavorare su biografie complesse come questa, occorre mettere in campo una forte sinergia tra tutti gli attori del territorio: sociali, sanitari, educativi e del lavoro. Solo mettendoli insieme tutti, costruiremo quell’inclusione sociale, che è il contrario di marginalità”. (cl)

Da redattoresociale


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