Pubblicato da Oxfam l’Indice di contrasto alla disuguaglianza. A confronto le scelte di 157 Paesi in materia di spesa pubblica, politica fiscale e politica del lavoro. Al primo posto la Danimarca. Italia sedicesima a livello assoluto e quindicesima su 35 paesi Ocse nel 2017. Ultima la Nigeria
Roma – A livello globale governi come Nigeria, Singapore e India sono tra quelli che alimentano di più le disuguaglianze all’interno del proprio Paese. A rivelarlo è il nuovo Indice di Contrasto alla Disuguaglianza, presentato da Oxfam e Development Finance International, al Meeting annuale del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale che ha preso avvio ieri a Bali. Si tratta di un indice composito che esamina, mette a confronto e classifica le scelte di 157 Paesi in tre macro-ambiti di intervento determinanti per la riduzione delle disuguaglianze di reddito nazionali: spesa pubblica, politica fiscale e politica del lavoro.
Danimarca al primo posto. Il primo posto lo guadagna la Danimarca, grazie ad un portato storico di politiche fiscali progressive, ampia spesa pubblica destinata al welfare, forti tutele per i lavoratori, eppure questi capisaldi della politica danese rischiano di essere indeboliti dall’attuale governo. Tra i paesi più virtuosi ci sono anche Francia e Belgio che risultano al momento nella top 10 dell’indice, ma la cui posizione è messa particolarmente a rischio dalle annunciate riforme fiscali e del mercato del lavoro.
Italia sedicesima. Di fronte a un preoccupante avanzamento della povertà, all’aumento della marginalizzazione e del rischio di esclusione sociale nel nostro Paese, il ranking relativo dell’Italia nell’Indice di Oxfam – sedicesima a livello assoluto, e in quindicesima posizione su 35 Paesi Ocse nel 2017 – è dovuto ancor oggi, in termini comparativi, al portato del welfare italiano, la cui connotazione universalistica corre tuttavia il serio pericolo di ulteriore deterioramento a fronte di alcune delle scelte annunciate dall’attuale governo in materia di politica fiscale e socio-economica. “Se l’Italia si collocava a fine 2017 nelle parti alte della classifica, il rischio di ridimensionamento nel ranking è oggi estremamente elevato – spiega la direttrice delle campagne di Oxfam Italia, Elisa Bacciotti – . Il piano di riforme contenuto nella nota di aggiornamento al Def, pur in assenza di molti dettagli specifici, lascia molte perplessità sulla reale capacità del nuovo governo di mantenere l’impegno di riduzione delle disuguaglianze assunto dal nostro Paese nel quadro dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite”.
Sul fronte della spesa pubblica, secondo l’indice di Oxfam, l’Italia al momento si colloca al 152esimo posto (su 157 Paesi) per la percentuale di spesa pubblica destinata all’istruzione, meglio solo di Timor-Leste, Bahrain, Antigua-Barbados, Nigeria e Libano. Il ranking complessivo dell’Italia, 21esima in tema di spesa pubblica, beneficia della porzione di spesa pubblica destinata alla sanità (31esimo posto assoluto) e alla sicurezza sociale (settima posizione assoluta, preceduta solamente dalla Finlandia, Ucraina, Germania, Danimarca, Francia e Lussemburgo). Un capitolo di spesa, quest’ultimo, che privilegia tuttavia in maniera profondamente squilibrata il capitolo previdenziale a discapito della spesa per assistenza produttiva, rivolta ai più giovani tramite interventi di inserimento e reinserimento lavorativo e i sussidi di disoccupazione o alla famiglia con i contributi alla maternità.
In tema di politica fiscale, va rilevata invece l’81esima posizione assoluta dell’Italia quanto a progressività strutturale del sistema fiscale. Il ranking complessivo dell’Italia (13esima posizione assoluta) beneficia di una migliore media nei punteggi lungo altri indicatori del pilastro, ma è destinato a essere rivisto al ribasso con il raffinamento delle prossime iterazioni dell’Indice per quanto concerne la misura dell’efficienza dei sistemi fiscali che si baserà su stime comparabili dei tax gap nazionali al posto dell’attuale approccio incentrato su stime di produttività fiscale.
Venendo all’ambito del lavoro, l’Italia si colloca in assoluto in 36esima posizione (28esima fra i 35 Paesi Ocse), appena sotto la Spagna. Il ranking risente del punteggio basso (79esima posizione) dell’Italia sull’indicatore relativo al livello di salario minimo legale o, in caso dell’assenza della misura legale, del livello di retribuzione oraria nominale estrapolato, al ribasso, dai contratti collettivi nazionali del lavoro in vigore.
Tra i 10 paesi in fondo alla classifica si trova Singapore, uno dei Paesi più ricchi al mondo, per cui tuttavia si registra una pessima performance in tutti e tre gli ambiti presi in esame dall’Indice. È infatti tra i 34 paesi in cui mancano norme legali sulla parità retributiva e tra i 30 che non hanno in vigore leggi contro la discriminazione di genere, uno dei pochi che non hanno introdotto il salario minimo, oltre a comportarsi come aggressivo paradiso fiscale societario.
La Nigeria risulta ultima a causa della bassa spesa sociale, del peggioramento delle violazioni dei diritti del lavoro e della scarsa capacità di riscossione delle imposte. Politiche che si abbattono su un paese dove 1 bambino su 10 muore prima di compiere 5 anni di vita. Con punteggi scarsi anche Argentina e Brasile su cui pesano rispettivamente il congelamento della spesa sociale e le misure di austerità, scelte che rischiano di annullare i progressi ottenuti negli anni passati.
L’Indice di Oxfam evidenzia inoltre come nessun Paese, neanche tra quelli ai primi posti della classifica, è esente dal dover mettere in campo azioni correttive e maggiormente incisive per migliorare le proprie politiche di contrasto alla disuguaglianza.
“La crescente disuguaglianza intrappola le persone nella povertà – dichiara Winnie Byanyima, direttrice di Oxfam International – Vediamo bambini che muoiono a causa di malattie prevenibili in paesi in cui i budget sanitari necessitano di finanziamenti urgenti, mentre miliardi di dollari vanno persi con l’elusione e l’evasione fiscale. Tantissime donne vivono con salari da fame, senza che gli ritorni nulla o pochissimo della ricchezza che creano con il proprio lavoro. Ma niente di tutto ciò è inevitabile. I Governi spesso si comportano come se fossero seriamente impegnati a combattere povertà e disuguaglianza: questo Indice ci mostra quanto le loro azioni corrispondono alle loro promesse”.