Lo spread sfiora quota 310. Reazione dei mercati alla lettera dell’Ue che boccia le linee della legge di Bilancio. Le gaffe del leader M5S a Berlino. Il leghista attacca una indefinita “speculazione”
Non ci voleva la sfera di cristallo che tutto scopre per capire che la lettera della Ue, rispondendo al ministro Tria, annunciava, di fatto, la bocciatura del Documento di Economia e Finanza, il Def che indica le linee del Bilancio. Non è un caso che l’invio avvenisse proprio a chiusura delle Borse. Un segnale chiaro di cosa avrebbe provocato il testo messo a punto dal governo gialloverde, con quel numerino, 2,4, che fissa il rapporto fra deficit e Pil mentre il ministro Tria, che poi farà marcia indietro, aveva concordato con i Commissari Ue un 1,6%, massimo 1,8%. Ciò che era largamente prevedibile è avvenuto. Alla apertura delle Borse si capisce subito che sarà una seduta del tutto negativa. Per Piazza Affari un vero e proprio affossamento, ancora peggiore di quanto gli analisti potevano aspettarsi. Il Ftse Mib chiude in calo del 2,43%, sotto quota 20 mila, a 19.851 punti. Perdite pesanti del Banco Bpm (-6,47%) seguono Intesa Sanpaolo -3,26%, Banca Mediolanum -3,34%, Unicredit -3,56%, Banca Generali -4,46%, Mediobanca -4,67% e Ubi Banca -4,94%. Le Borse europee chiudono in rosso. Londra perde l’1,16% a 7.233 punti. Francoforte cala dell’1,36% a 11.947 punti e Parigi dell’1,1% a 5.300 punti. Lo spread chiude a 302 punti base, con il rendimento del decennale italiano al 3,57%, ai massimi dal febbraio 2014. Il differenziale sfonda subito, tocca quota 300 fin dalle prime ore di contrattazione poi sale a 310 punti e si stabilizza a 303. Al momento in cui scriviamo non si è fatto sentire il ministro Tria, per non parlare del presidente del Consiglio. Lui si sta leccando ancora le ferite di quella comparsata dal balcone di Palazzo Chigi per annunciare la “vittoria” sulla manovra di Bilancio.
Il vicepremier leghista se la prende come al solito con lo “speculatore” Soros, la sua ossessione
Parla subito il ministro e vicepremier, Salvini Matteo, cui qualcuno degli “esperti” economici in uso al governo gialloverde, dovrebbe fornire un minimo di nozioni di politica economica, in particolare sui mercati, le Borse, le speculazioni, che non sono un reato, ma fanno parte del “gioco” in Borsa. È il mercato, bellezza, il perno del capitalismo, verrebbe da dire al Salvini che non trova di meglio che strillare: “Se volessi pensare male, penserei che dietro allo spread di questi giorni ci sia una manovra di speculatori alla vecchia maniera, alla Soros, che puntano sul crollo del paese per comprarsi a livello di saldo le aziende sane, che sono tante, di questo paese” commenta Matteo Salvini. “Voglio dire a nome del Governo – ha aggiunto il vicepremier – che non torneremo indietro. A chi pensa di speculare sull’economia italiana dico che perdono tempo e soldi perché noi andiamo avanti”. Non sa dire altro. Forse qualcuno gli ha raccontato quando il plurimiliardario Soros il 16 settembre 1992 si rese protagonista di un attacco alla lira. Il finanziere ungherese vendette sterline allo scoperto per un equivalente di 10 miliardi di dollari e provocò una perdita di valore della lira sul dollaro del 30%, guadagnando più di un miliardo di dollari. La nostra moneta uscì fuori dal Sistema monetario europeo. Per Salvini è un chiodo fisso. Soros la sua ossessione. Le sue nozioni economiche non vanno oltre il finanziere ungherese. Il fatto che il vicepremier abbia fatto queste affermazioni nel corso della conferenza stampa con Marine Le Pen fa venire i brividi. Conferma che il nostro Paese è sull’orlo di un baratro.
Il vicepremier pentastellato se la prende col presidente del Fondo salva Stati
Peggio di lui, a fargli la giornaliera concorrenza, sembrano Crick e Crock, Stanlio e Ollio, ci scusino il paragone i buonanima, il vicepremier stellato, Luigi Di Maio, detto Giggetto, quello che insieme al suo collega leghista vuole eliminare i giornali. Lui, quando è arrivata la notizia sulla disastrosa situazione di Piazza Affari, si trovava a Berlino dove ha incontrato il ministro del Lavoro tedesco, ha visitato il centro di direzione che organizza quelli che in Italia si chiamano centri per l’impiego. Si è fatto una cultura su come funzionano, così come ha preso appunti sul reddito di cittadinanza versione tedesca. Molto diversa da quella prevista dal “contratto” di governo siglato da Lega e M5S, cavallo di battaglia del Di Maio. Ci chiediamo perché non abbia provveduto ad informarsi prima di mettere nero su bianco. Ma la cosa più grave riguarda la dichiarazione che il Di Maio ha fatto in conferenza stampa.
Savona. Un benevolo rimprovero ai vicepremier. Massimo rispetto per Tria
Sembra una litania sempre più noiosa, “abbiamo mai detto che dobbiamo rinnegare l’adesione alla Ue o all’Euro”. Lo afferma anche il ministro Savona anche se sa che dice una bugia. Comunque dice che uno scontro con la Ue porterebbe “ad una crisi finanziaria che non interessa a nessuno, ma penso troveremo un punto di incontro”. Poi, però, afferma… Da jobsnews