Nella immediata periferia sud di Roma gli spacciatori dettano legge e si permettono di “punire” chi li contrasta, compresa la Guardia di Finanza. Da una storia “minore” emerge lo spaccato di un luogo, Nettuno, senza regole e senza paura. Ora gli atti di un procedimento penale descrivono cosa accade in quella città
Chi comanda davvero a Nettuno? Le guardie? O i ladri? Sono gli atti giudiziari che inchiodano gli autori e i mandanti dell’attentato alla Guardia di Finanza di Nettuno a dirci che, ancora, hanno la meglio le istituzioni. Eppure questa storia che non ha quasi precedenti va raccontata nei dettagli.
E’ tutto scritto in un verbale di confessione, quella resa da Elsayed A., sedici anni appena, egiziano. Il 23 maggio scorso questo ragazzino, tremante, ha ammesso ai finanzieri che sono andati a cercarlo nella casa famiglia di Latina in cui è ospite ha riferito di essere stato lui ad appiccare l’incendio che il 2 febbraio 2018 ha distrutto un’auto di servizio della Guardia di Finanza di Nettuno e danneggiato in modo grave anche un’altra auto dello stesso corpo. Lo aveva fatto su mandato di Pasquale Iovinella, 36 anni, napoletano, arrestato a marzo 2018 perché coinvolto in una maxirete di trafficanti di droga legati alla camorra (inchiesta Gallardo). E i contatti per l’agguato li aveva tenuti un amico di Iovinella, Luigi Carlino, 34 anni, guardia giurata di Torre del Greco. Avevano chiesto al sedicenne di bruciare le auto della Finanza in segno di vendetta per l’operazione antidroga a carico di Iovinella effettuata a settembre del 2017.
«Nel mese di ottobre 2017 sono stato avvicinato da due napoletani che aveva conosciuto ad agosto, i quali mi hanno chiesto di bruciare due autovetture della Guardia di Finanza e in cambio mi avrebbero pagato 200 euro . Mi hanno comunicato che volevano vendicarsi di un sequestro del valore di 25mila euro eseguito in loro danno da parte vostra (della Finanza ndc). In quel momento ho rifiutato di farlo ma poi ho accettato per paura che si vendicassero». Comincia così il lungo verbale che contiene la confessione del minorenne egiziano praticamente «costretto» a bruciare le auto della Finanza, seppure con la promessa di un compenso in denaro, che, peraltro, non fu nemmeno saldato per intero. Infatti Pasquale Iovinella, per il tramite di Carlino, dopo l’incendio, si rifiutò di pagare 200 euro poiché il patto era per due macchine; siccome ne fu distrutta solo una, al ragazzino venne consegnata una banconota da cento euro. E’ quanto ha riferito lo stesso sedicenne egiziano.
Prima della fatidica sera del 2 febbraio, scelta per l’attentato, il ragazzo aveva incontrato Iovinella e Carlino, i quali gli avevano fornito indicazioni su come muoversi per arrivare al parcheggio della caserma delle Fiamme Gialle e cosa avrebbe dovuto fare. Ossia «apporre una felpa sulla ruota anteriore, versare la benzina nelle prese d’aria di plastica poste sotto il parabrezza». Elsayed ha eseguito alla lettera le indicazioni grazie alla disponibilità di un suo amico, Elghazouly Ahmed, 26 anni, anch’egli egiziano, che lo ha accompagnato in auto mentre lui teneva stretta la busta con dentro la felpa e la bottiglia contenente la benzina per l’incendio. I passaggi dell’auto con i due giovani immigrati a bordo furono ripresi dalle telecamere di alcuni negozi della zona in cui si trova la caserma della Finanza. Ciò ha consentito agli stessi finanzieri di risalire alla targa dell’auto e ai due occupanti, quindi di arrivare anche a quello che dalle prime immagini era apparso l’autore materiale, perché filmato mentre si avvicinava alle due vetture, che di lì a qualche minuto avevano preso fuoco.
La sorpresa vera di questa indagine che all’inizio sembrava senza un filo logico è stata proprio la confessione del giovane egiziano che ha fatto emergere una pericolosa capacità criminale in grado di «punire» gli investigatori. Iovinella e Carlino sono stati arrestati a luglio scorso quali mandanti dell’attentato, ma adesso sono emersi con chiarezza i dettagli di questa vicenda, ossia lo spavento del ragazzino quasi costretto ad agire perché, come lui stesso ha riferito, «quei due intimorivano». Inoltre Iovinella non ha mai avuto contatti diretti con l’egiziano ma ha agito solo e sempre tramite il suo amico guardia giurata. Pasquale Iovinella sapeva che stava dando l’assalto ad una istituzione dello Stato e, per di più, lo stava facendo per ritorsione ed è il motivo per cui si è guardato bene dal telefonare. La criminalità di calibro medio alto, in questo caso un trafficante di droga di livello, usa due giovanissimi immigrati per un’azione in stile colombiano, avvenuta a Nettuno. E anche quando l’attentato punitivo dei trafficanti di coca in danno della Finanza è emerso con chiarezza, nessuno si è scandalizzato, né ci sono stati attestati di solidarietà alla Finanza. Solo silenzio.
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