Ritornare a confrontarsi sulla Carta di Assisi, alla vigilia della Marcia della Pace Perugia-Assisi, non ha soltanto un significato simbolico. Vuol dire mettere al centro l’importanza di ridare senso e contenuto alle parole. L’iniziativa di Articolo 21, alla quale ha aderito la Federazione nazionale della Stampa italiana, sarà un momento di utile riflessione sulla necessità di ritornare ad un confronto civile attraverso un linguaggio che non sia una permanente chiamata alle armi, ma serva a stimolare riflessioni.
I principi della Carta di Assisi sono un richiamo forte alla coscienza di tutti, non soltanto dei giornalisti, che con le parole sono chiamati ogni giorno a raccontare, descrivere, interpretare la realtà, offrendo chiavi di lettura che devono favorire la formazione di un’opinione pubblica consapevole, e non scatenare gli istinti peggiori di fazioni perennemente in lotta. Il governo del linguaggio, come ci ricorda la Carta di Assisi, è la principale responsabilità di chi fa informazione. Governare il linguaggio significa rispettare la verità dei fatti – la legge professionale, da questo punto di vista, è ancora profondamente attuale – e non manipolarli in funzione delle necessità imposte dalla cosiddetta narrazione. È una strategia comunicativa che si alimenta di luoghi comuni e di notizie false, amplificandole, per affermare una visione del mondo che vuole escludere e non includere, innalzare muri anziché costruire ponti, fino a distruggere progressivamente i capisaldi della democrazia liberale, a cominciare dalla libertà di espressione.
Di qui, gli attacchi sempre più frequenti ai giornalisti, ai mezzi di informazione e a tutti i corpi intermedi in nome dell’ “uno vale uno”, che altro non è che la demolizione progressiva della democrazia rappresentativa e dei suoi capisaldi, oltre che un attacco pianificato alle competenze. La difesa della democrazia e delle istituzioni passa anche attraverso il governo delle parole. La Carta di Assisi richiama tutti al senso di responsabilità, una merce sempre più rara. Il punto di partenza è l’articolo 21 della Costituzione: esprimere liberamente il proprio pensiero non significa insultare, alimentare l’odio e istigare impunemente alla violenza. L’articolo 21 presuppone l’uso corretto e consapevole del linguaggio perché la libertà di espressione riconosciuta a ciascuno trova un limite preciso nel rispetto delle libertà e dei diritti di altri individui, in quanto esseri umani e non soltanto in quanto cittadini italiani, così come sancito dall’articolo 3 della Carta costituzionale.
Segretario nazionale Fnsi