Uno dei dieci punti del Manifesto di Assisi è dare voce alle periferie, alle tante zone grigie adibite a trincee, dove le mafie attecchiscono silenziosamente, radicando business ed interessi, tenendo in ostaggio le vite dei civili, costretti a subire velleità ed angherie della malavita, molte volte sotto la temibile minaccia di spari o di altri atti criminali e violenti. Da Nord a Sud, passando per il ventre caldo dell’Italia, sono tantissime le periferie, dismesse e dimenticate, silenziose ed isolate, dove le mafie intrecciano i loro affari. Sono davvero tanti i giornalisti che con il loro lavoro illuminano quelle zone grigie per smascherare le mafie e che per questo vengono aggrediti, minacciati ed ostacolati in vario modo da coloro che vorrebbero tenere sotto scacco anche e soprattutto la libertà di stampa per seguitare ad agire indisturbati, perché se la gente non sa, non si ribella. Se nessuno racconta quello che accade, l’opinione pubblica rischia di convincersi che non vi sia nulla di notiziabile in quelle scene di criminalità ordinaria con le quali si vedono costretti a convivere o – peggio ancora – a prendere il sopravvento è la consapevolezza che non esistano strumenti, forze, alternative e soprattutto la volontà di ripristinare la legalità e con lei, il sogno di una vita legittimamente normale e non migliore. Illuminare le periferie significa colorare di bianco una zona grigia, avvalendosi dell’energica e speranzosa forza dei riflettori, dando convinto e solidale supporto ad una notizia, evitando in questo modo che un cronista finito nel mirino delle mafie possa cadere nel ben più pericoloso vortice dell’isolamento.