Svezia. Come (non) raccontare i risultati delle elezioni

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La sera di domenica 9 settembre, parecchio demoralizzato da quanto leggevo nei siti italiani e vedevo in tv, ho fatto un tweet che in un paio d’ore (senza hashtag civetta) ha avuto cinquemila visualizzazioni e diversi rilanci e apprezzamenti.

Segnalavo in sostanza l’indirizzo della pagina della tv svedese dove si potevano finalmente scorrere i risultati delle elezioni in tempo reale. “Per capirci qualcosa su come stanno andando le cose, qui trovate le informazioni giuste” questo il senso del messaggio. Ma perché c’era bisogno di andare alla fonte? Perché da noi impazzava un enorme confusione. Mentre erano già disponibili i dati reali delle elezioni quasi tutti i nostri media si rifacevano invece agli exit poll che davano l’estrema destra al 20% attribuendole un autentico trionfo. E non era vero. Si era trattato sì di un indubbio successo – un aumento del 4,7% con un risultato finale del 17,6% – rimasto però nell’ambito della dimensione di una buona crescita elettorale, non certo uno “sfondamento” ( qui trovate i numeri https://valresultat.svt.se/2018/10000.html , gli Sverigedemokraterna, ex neonazisti sono in giallo). Ma per apprendere tutto questo bisognava collegarsi alla tv svedese.

Il problema è che proprio la prospettiva dello sfondamento elettorale dei sovranisti di destra nemici della UE era invece il pronostico unico della nostra informazione. Alcuni sondaggi li avevano addirittura indicati come futuro primo partito (sono arrivati terzi) e questo era piaciuto da noi. Da qui fiumi di parole sulla fine del modello svedese, sulla morte della storica socialdemocrazia ( ha chiuso in perdita ma al primo posto al 28% e continuerà, forse, a esprimere il primo ministro), dell’integrazione, dell’accoglienza. A parte il fatto che politiche “restrittive” sull’immigrazione le aveva già promosse il governo uscente, e lo stato sociale aveva già subito diversi colpi per le molte correzioni liberiste introdotte, così la Svezia era stata iscritta di fatto nella narrazione che vuole per forza che le formazioni estremiste più o meno neofasciste siano vincenti ovunque in Europa.

Anche su questo è bene intendersi: che i socialisti non godano di buona salute quasi ovunque è un dato certo. Ma in diversi paesi ci sono altre formazioni “progressiste” in ottima forma. Volete un esempio? In Germania i verdi registrano sondaggi decisamente lusinghieri ma da noi non ne parla assolutamente nessuno, nessuno ha mandato inviati a cercare di capire e spiegare il perché. Se si parla di Germania i nostri media citano solo gli estremisti di Alternative für Deutschland, il pericolo neonazista.

Qual è la ragione di questo atteggiamento così concorde un po’ in tutta l’informazione? Si possono avanzare delle interpretazioni. La cosa più probabile è che prevalga la tendenza a “vendere la notizia”. A chi interessa la Svezia in Italia? Chi può emozionarsi davanti alla prospettiva che i socialdemocratici perdano due o tre punti percentuali? Se invece gli raccontiamo che anche lì sta trionfando una fotocopia di Salvini, allora facciamo contenti i suoi fan e generiamo allarme negli altri. Metteteci sopra poi, come spiegazione, una buona dose di ignoranza ( mandare un inviato due giorni prima del voto serve solo a fare scena) e la conseguente prassi per cui vengono presi per buoni tutti i numeri sfornati dalla agenzie e il gioco è fatto.

Ovviamente il giornalismo sarebbe un’altra cosa. E qui sta il punto vero di merito. Nell’epoca social e del parallelo “disordine informativo” il giornalismo professionale ha un solo modo per salvaguardare il suo futuro: crescere e cambiare. Il “pilota automatico” delle interpretazioni stereotipate e preconfezionate è micidiale, così come pure le derive allarmistico\commerciali. Che significano termini ( letti su importanti giornali) come “peste populista” e “lezione svedese”? Onestamente questo è tutto “materiale fuorviante”, sostanzialmente inutile. “Per ogni problema complesso c’è sempre una soluzione semplice, che è sbagliata”. Lo diceva George Bernard Shaw. E aveva ragione da vendere. Nel 2019 ci saranno le elezioni europee, e saranno più importanti del solito. Andrebbero raccontate esplorando paese per paese, segnalandone le originalità, di cosa si dibatte nelle città, nelle università, nei luoghi di lavoro. Con uno sforzo che punti a tornare ai fatti, superando luoghi comuni, frasi fatte, interpretazioni precotte frutto del sentito dire di chi non approfondisce mai nulla. Lo farà qualcuno? Vedremo. E la Svezia? Per chi vuole capire qui trovate una mappa sui risultati partito per partito, distretto per distretto https://www.dn.se/val/ Scoprirete che i neonazisti hanno avuto buoni risultati nelle campagne e non nelle periferie urbane. Poi se approfondite verrete anche a sapere che il 70% degli svedesi è oggi convintamente europeista. Indagare il perché interessa a qualcuno?


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