ROMA – Non dare informazioni corrette alle persone che vengono rimpatriate, o tacere loro in modo totale la destinazione del viaggio, può configurarsi come una
: a ricordarlo è il Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale, che in passato ha monitorato (a campione) alcuni voli di rimpatrio organizzati dallo Stato italiano in collaborazione con l’Agenzia europea Frontex. La considerazione è contenuta nel
, effettuato lo scorso 19 gennaio, che ha riguardato l’allontanamento di 38 cittadini nigeriani espulsi dall’Italia, cinque dal Belgio e uno dalla Svizzera, Paesi che hanno partecipato all’operazione con proprio personale di scorta.
Fra le criticità evidenziate nel rapporto, la più significativa riguarda appunto la mancanza o la non chiarezza di informazioni fornite ai rimpatriandi sulla destinazione effettiva del viaggio in partenza dal Centro di trattenimento. L’azione delle Autorità dello Stato – viene specificato – deve essere sempre improntata ai principi di correttezza e buona fede. A questo proposito, il Garante nazionale rileva che uno dei criteri utilizzati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo per valutare la legittimità di una misura restrittiva della libertà personale, a prescindere dalla conformità della stessa alla legge nazionale, è proprio la buona fede adottata nell’applicazione della misura, ovvero l’assenza di malafede da parte delle Autorità.
Il Garante nazionale, pertanto, rinnova la raccomandazione al ministero dell’Interno, contenuta in diversi rapporti precedenti, di comunicare preventivamente con chiarezza e trasparenza agli interessati la data esatta del rimpatrio, in modo da consentire loro di organizzarsi per il viaggio, raggruppare per tempo i propri effetti personali, avvisare la famiglia e/o l’avvocato per venire a conoscenza di eventuali aggiornamenti riguardanti la propria posizione giuridica.
Il Garante nazionale nota inoltre che mai, nel corso dei voli di rimpatrio forzato finora monitorati, è stata riscontrata la presenza di un interprete o di un mediatore culturale, capace di interloquire con la persona soggetta a rimpatrio forzato in una lingua a lei comprensibile. L’abbattimento delle barriere linguistiche, oltre a costituire il necessario presupposto dell’effettività di tutti i diritti di cui il cittadino straniero è titolare, è altresì fondamentale per la messa in atto di tecniche verbali di descalation indispensabili per smorzare i momenti di tensione, evitando l’uso della forza e dei mezzi di contenimento.
Fra le ulteriori criticità evidenziate va segnalato il carente coordinamento fra gli attori coinvolti nelle diverse fasi del rimpatrio forzato, carente coordinamento che è stato riscontrato anche nelle precedenti occasioni. Ciò ha avuto come conseguenza più grave il fatto che ai rimpatriandi provenienti dal Cpr di Bari non è stata garantita la somministrazione del pasto per più di quindici ore, così che essi sono rimasti senza bevande e cibo (salvo estemporanee donazioni spontanee da parte del personale di scorta) per tutte le lunghe fasi del viaggio notturno in pullman verso Fiumicino e per l’intera mattinata del giorno successivo.
Il Garante nazionale, infine, ribadisce la propria forte perplessità, già espressa nel testo della Relazione al Parlamento 2018, sull’opportunità di organizzare voli di rimpatrio forzato verso Paesi, come la Nigeria, che non hanno istituito un meccanismo nazionale di prevenzione della tortura o di altri trattamenti o pene inumani o degradanti, secondo quanto previsto dal Protocollo opzionale alla Convenzione Onu contro la tortura.