Pino Puglisi. L’ultimo martire siciliano della Chiesa della parola contro il silenzio

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Cosa rappresenta oggi don Pino Puglisi, conosciuto da tutti a suo tempo come padre Puglisi? Come è giusto ricordarlo in queste ore in cui Papa Francesco si reca nella sua Palermo per ricordarlo 25 anni dopo il suo assassinio? E perché il papa argentino ha deciso di recarsi nella sua Palermo proprio nelle ore del suo assassinio? Forse la risposta migliore è questa: lui è l’ultimo martire siciliano della Chiesa della parola contro il silenzio, della Chiesa della testimonianza, della Chiesa in uscita. Dunque ricordare Pino Puglisi e dimenticare gli altri martiri come lui non solo sarebbe sbagliato, non aiuterebbe.

Il 15 settembre 1993 a Brancaccio, il quartiere palermitano dove il beato Pino Puglisi aveva fondato il centro “Padre Nostro” ed è stato ucciso in odio della fede in risposta al grido “convertitevi” di Giovanni Paolo II  del 9 maggio di quello stesso anno e per paura dei risultati conseguiti dalla sua azione quotidiana,  la Chiesa della parola, della testimonianza, la Chiesa in uscita ha incontrato lo stesso fuoco che che nel 1910 uccise don Di Forti, in provincia di Caltanissetta, che sei anni dopo uccise don Giorgio Gennaro, nove anni dopo sparò a don Stella e che aprì il secondo decennio del secolo uccidendo don Millunzi e poco dopo don Caronia, che “propose l’esproprio dei feudi attorno a Gibellina”, ha ricordato in queste ore Alberto Bobbio, aggiungendo del suo impegno per dar vita al partito di don Sturzo. “ gli iscritti al partito sotto la guida don Caronia raggiunsero quota 320, un numero enorme che fece paura alla mafia.” Come nel 1993 ha avuto paura di Puglisi.

Dunque è la Chiesa dei Caronia, Millunzi, Gennaro, Di Forti quella che visiterà Francesco a Brancaccio, cioè quella che arrivò per prima a leggere il carattere anticristiano della mafia, come poi quella di don Puglisi, e la biografia curata da Francesco Deliziosi interpreta bene la Chiesa della parola, della testimonianza, la Chiesa in uscita di Papa Francesco: “Se ognuno fa qualcosa si può fare molto.” Il sottotitolo aggiunge un giudizio che deve farci riflettere: “le parole del prete che fece paura alla mafia”.

Non sarebbe corretto isolare questa Chiesa dal resto, ma neanche tacere il fatto che c’è stato un tempo in cui molti non riconoscevano la realtà anticristiana del fenomeno mafioso, la riducevano a normale fatto criminale, non uno Stato nello Stato e contro lo Stato. Le sollecitazioni a capire, chiarire, denunciare sono antiche e la storia è aperta all’indagine. Ma se lasciamo stare la storia, guardando alla figura del beato Pino Puglisi, prete siciliano della diocesi palermitana consapevole dei guai di Palermo e da subito attivo nel tessuto sociale, in particolare tra i diseredati, troviamo chiaramente un messaggio collimante con le indicazioni pastorali di Papa Francesco. E’ impossibile non vedere come Pino Puglisi abbia sempre voluto incarnare l’annunzio, facendo così patrimonio della sua Chiesa le problematiche territoriali. Prima di arrivare a Brancaccio Pino Puglisi fu parroco di Godrano, dove operò per spezzare la terribile faida che la insanguinava da tantissimo tempo. Quindi arrivò, nel 1978, al seminario minore di Palermo, poi direttore del centro diocesano per le vocazioni. Ai giovani seppe rivolgersi non dalla cattedra, ma dai campi scuola, poi si è occupato delle ragazzi madri, una ferita sociale che non si capisce se non si tiene dello stigma di cui queste giovani possono essere vittime. Era il 1990, l’anno del suo passaggio a Brancaccio dove Pino Puglisi punta subito a entrare in contatto con i giovani già reclutati dalla malavita organizzata. Le inchieste giudiziarie hanno indicato che proprio qui si trova il movente dell’assassinio mafioso, ma la radice profonda è nella Chiesa della parola, della testimonianza, la Chiesa in uscita che va a cercare l’uomo nelle periferie esistenziali di oggi, magari quelle dei giovani già reclutati dalla malavita, a Brancaccio come nelle periferie di Bogotà o di Caracas. Questa Chiesa può essere capita pensando che chi la vive è convinto che Gesù è venuto per i peccatori, non per i sani, quindi che il suo messaggio è per chi sbaglia, chi cade, chi ha bisogno, non per chi ha capito tutto da solo. Quando Papa Francesco arriverà a Brancaccio ricorderà un prete che praticava la Chiesa di cui lui oggi parla dal Vaticano.


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