Questa mattina, presso la sede della combattiva Associazione Stampa Romana (la “location” del sindacato regionale dei giornalisti è stata scelta anche per motivi simbolici), l’Assessore allo Sviluppo Economico della Regione Lazio, Gian Paolo Manzella – che è anche un appassionato studioso di politica culturale e riconosciuto esperto di “start-up” creative – ha presentato un bando che prevede uno stanziamento di 1,3 milioni euro, finalizzati a consentire una (piccola) boccata d’ossigeno alla stampa ed ai media “locali” (così intendendo quelli destinati anzitutto alla popolazione della Regione).
Si tratta di danari pubblici a sostegno dell’informazione locale: è stato illustrato l’“avviso pubblico” da 1,3 milioni di euro (frutto della legge regionale n. 13 del 28 ottobre 2016), che dovrebbero servire ad aiutare un po’ i giornali, le agenzie di stampa, le televisioni e le radio locali ad assumere giornalisti con contratti a tempo indeterminato, ad investire in acquisto di beni e servizi, ma anche a favorire nelle scuole la conoscenza dei media e della rete, ed a stimolare iniziative che promuovano l’inclusione sociale, combattendo fenomeni come il cyberbullismo e la ludopatia.
Nel Lazio – secondo dati diffusi in occasione della presentazione – la “platea” di riferimento sarebbe composta da almeno 35 testate giornalistiche a mezzo stampa, 20 emittenti radiofoniche, 50 società che si occupano di emittenza televisiva, oltre a decine e decine di testate online ed associazioni che svolgono attività di comunicazione sociale in qualche modo “di pubblica utilità”.
L’Assessore Gian Paolo Manzella ha sostenuto che si tratta di “un modo molto concreto per assicurare l’esistenza di un’informazione a molte voci nel nostro territorio, fondamentale per ascoltare le esigenze di quest’ultimo, capire come sta cambiando, dare voce ai problemi, intervenire… è un sostegno economico molto diretto ad un settore vitale, che si trova in un momento di profonda rivoluzione tecnologica e di ridefinizione delle proprie caratteristiche, e che nel nostro territorio è un’importante realtà”.
L’iniziativa promossa dalla Regione Lazio è il risultato di un’azione propulsiva avviata fin dalla precedente Giunta guidata da Nicola Zingaretti (ed in particolare dalla consigliera Marta Bonafoni, capo gruppo della Lista Civica Zingaretti, e dal Consigliere Giuseppe Cangemi del Gruppo Misto, già Presidente della Commissione Consiliare di Vigilanza sul Pluralismo dell’Informazione), ed è soltanto il primo intervento, focalizzato questa volta sulle testate su supporto cartaceo e sulle associazioni senza fini di lucro che lavorano per l’inclusione sociale.
Entro dicembre 2018, vedrà la luce un secondo bando (il cui budget non è stato annunciato), che sarà aperto alle testate soltanto online, che sono invece sostanzialmente escluse dall’avviso presentato oggi. Ad essere destinatarie dell’avviso presentato oggi sono infatti le imprese che svolgono attività di informazione e comunicazione nei seguenti ambiti: stampa quotidiana e periodica locale; emittenza televisiva con tecnologia digitale terrestre, a diffusione tramite rete internet o con trasmissione di segnale con tecnologia satellitare; emittenza radiofonica con trasmissione di segnale con tecnologia analogica e digitale; agenzie di stampa. Oltre a queste imprese, possono poi partecipare anche soggetti giuridici pubblici o privati senza finalità di lucro che svolgano attività di informazione di pubblica utilità e finalizzata all’inclusione sociale.
Sono intervenuti anche Michele Petrucci, Presidente del Corecom del Lazio, Raffaele Lorusso, Segretario della Federazione Nazionale della Stampa (Fnsi), Lazzaro Pappagallo, Segretario di Stampa Romana (Asr), e Graziella Di Mambro, cronista di “Latina Oggi” e responsabile della “macro-area Articolo 21” per Stampa Romana.
L’avviso pubblicato oggi è il risultato di un confronto dialettico tra le varie parti politiche, come ha riconosciuto lo stesso Massimo Barillari, Consigliere regionale del Movimento 5 Stelle, ed attuale Presidente della Commissione consiliare permanente Vigilanza sul Pluralismo dell’Informazione della Regione Lazio: “è un bando che spinge al pluralismo dell’informazione. Quest’anno abbiamo vissuto molte crisi occupazionali, chiusure e trasferimenti di sedi. Quindi l’aiuto di Stato dovrebbe dare una spinta al mondo dell’informazione. Noi terremo sotto osservazione i contributi”.
Il bando sarà aperto fino al 10 ottobre 2018: le domande vanno inoltrate via “pec” alla Regione Lazio, Direzione Regionale per lo Sviluppo Economico, le Attività Produttive e “Lazio Creativo”, di cui Rosanna Belotti è Direttrice. Subito dopo, ci sarà la valutazione e la selezione dei progetti (da parte di una Commissione i cui componenti non sono ancora noti) e l’assegnazione delle risorse.
Sono state previste 5 “linee di intervento”:
- “Innovazione Tecnologica e Organizzativa” (600mila euro complessivamente, sostegno massimo ad una singola iniziativa 20mila euro): sostiene investimenti finalizzati anche a produrre effetti positivi sull’occupazione, con particolare attenzione alle imprese multimediali;
- “Valorizzazione dell’Attività Informativa” (200mila euro; sostegno massimo ad una singola iniziativa 10mila euro): prevede l’acquisto di beni e servizi strettamente funzionali al potenziamento delle attività di informazione e comunicazione regionali;
- “Occupazione e Formazione” (200mila euro; sostegno massimo ad una singola iniziativa 8mila euro per l’occupazione e 2mila euro per la formazione): ossia l’assunzione con contratti di lavoro a tempo indeterminato e la formazione del personale direttivo e giornalistico stabilmente impiegato;
- “Comunità locali” (100mila euro; sostegno massimo ad una singola iniziativa 10mila euro): progetti di informazione e comunicazione che abbiano particolare rilievo per determinate comunità locali;
- “Inclusione Sociale” (200mila euro; sostegno massimo ad una singola iniziativa 10mila euro), ossia progetti che: o favoriscano nelle scuole la conoscenza e l’uso corretto dei media e della rete e la prevenzione di fenomeni come cyberbullismo, ludopatia e uso inappropriato di internet; o di sviluppo di forme di marketing pubblico territoriale e di informazione sulla cultura, le tradizioni tipiche locali e gli eventi che contribuiscono ad affermare l’immagine della Regione a livello nazionale ed internazionale; o finalizzati alla diffusione delle informazioni e delle comunicazioni istituzionali per favorire l’accesso ai servizi pubblici e in particolare a quelli diretti alla tutela della salute, dell’ambiente, nonché su temi di rilevanza civile e sociale.
Il contributo concesso sarà:
– per le “linee di intervento” A, B, D ed E, del 90 % delle spese ammissibili (non cumulabile con qualsiasi altro finanziamento pubblico ottenuto per le stesse spese);
– per la “linea di intervento” C (“Occupazione e Formazione”), del 100 % delle spese ammissibili (sempre non cumulabile con qualsiasi altro finanziamento pubblico ottenuto per le stesse spese).
I contributi – come hanno spiegato i tecnici della società “in-house” della Regione Lazio Innova (in primis Tamara Santinelli) – verranno assegnati con modalità differenti:
– “a graduatoria”, per i progetti delle “linee di intervento” A, D ed E, cioè in funzione di una selezione qualitativa;
– “a sportello” ossia secondo l’ordine cronologico di invio della domanda, per le domande delle “linee” B e C, cioè “chi prima arriva, meglio coglie” (criterio invero curioso).
Le aziende che vorranno partecipare dovranno dimostrare di avere il “Durc” in regola, anzi un buon “rating di legalità” (come previsto dall’Anac).
Si tratta senza dubbio di una iniziativa commendevole, che evidenzia però le solite contraddizioni dell’intervento pubblico nel settore culturale e mediale, al di là della querelle epocale tra “carta” e “digitale” e sul problema infinito della “misurazione del pluralismo” (e “cosa” si intende per “pluralismo”: chiediamo ad… Agcom?!): senza qui entrare nel merito della complessità burocratica del bando (il testo consta di 26 pagine, ed è emersa una qualche perplessità nella definizione di alcuni pre-requisiti di accesso), si percepisce un deficit complessivo di una strategia organica, di sistema, di lungo respiro.
L’occasione è interessante, perché sintomatica anche di alcune contraddizioni tra livello “nazionale” e livello “locale” (ovvero, nel caso in ispecie, “regionale”), e la presentazione ha consentito non pochi stimoli, in termini di politica culturale ed economia mediale.
Il Presidente del Corecom del Lazio Michele Petrucci ha ricordato come il nuovo regolamento per il sostegno alla stampa ed ai media a livello nazionale sia stato rallentato dal ricorso al Tar, ma ha enfatizzato la positività dell’approccio innovativo della Regione Lazio, che intende sostenere sia i “media tradizionali” sia i “media innovativi”, superando l’ottica storica dell’“assistenzialismo a pioggia” (e qui, “almeno sulla carta” – ha precisato Petrucci – sembra che il processo selettivo sia ben definito).
Lazzaro Pappagallo, Segretario dell’Associazione Stampa Romana (Asr), ha affermato con veemenza l’esigenza che lo Stato sostenga l’informazione: “non ci si deve vergognare di richiedere contributi pubblici, si deve superare questo… stigma, ma certamente ci si deve impegnare nella gestione corretta e trasparente… il danaro pubblico, controllato e non sprecato, resta un binario fondamentale per la ripresa industriale del territorio”. Ha aggiunto Manzella: “si deve andare oltre quella sorta di riflesso pavloviano negativo, secondo il quale il sostegno pubblico è meccanicamente spreco o assistenzialismo…”.
Ci sia consentito osservare che, anzitutto, il budget assegnato al “pluralismo” è di entità veramente modesta, anche soltanto considerando che la stessa Regione Lazio assegna risorse pubbliche per il sostegno al sistema cinematografico ed audiovisivo nell’ordine di circa 20 milioni di euro l’anno (per la precisione, 22 milioni di euro, secondo il “programma operativo annuale” presentato a metà giugno 2018 dal Presidente Zingaretti): qual è il criterio (logico, strategico, industriale, culturale) di una simile sperequazione?!
Domanda che ci piacerà porre al Presidente della Regione Nicola Zingaretti, all’Assessore allo Sviluppo Economico Gian Paolo Manzella ed ovviamente alla Assessora al Bilancio Alessandra Sartore.
Il Lazio si vanta in effetti di essere la prima Regione in Italia per investimenti nel settore audiovisivo, e la seconda in Europa: bene, ma non ci risulta sia mai stata realizzata una “valutazione d’impatto”. Questo intervento pubblico così consistente sta realmente stimolando lo sviluppo di un tessuto industriale solido e sano e, soprattutto, l’estensione del pluralismo espressivo?!
A naso, verrebbe di rispondere positivamente, ma non si dispone di strumentazione tecnica minimamente adeguata per averne conferma. La Regione Lazio sta quindi paradossalmente contribuendo ad una sovrapproduzione di titoli, nello specifico del cinema, che spesso non hanno alcuno sbocco distributivo, né a livello “theatrical” né a livello televisivo (restano film paradossalmente… “invisibili”!).
Cui prodest, questa “inflazione” produttiva?!
Qualcuno si vuole porre il problema, che non è esattamente ozioso?!
Quasi tutti i film italiani e finanche le fiction, anche se non girati nel Lazio, recano ormai il logotipo della Regione Lazio: è un sostegno parallelo a quello dello Stato centrale (Mibac), e si corre il rischio che questi fondi pubblici divengano una sorta di stampella assistenziale integrativa rispetto a quella ministeriale.
Il quesito è semplice, in termini di politica culturale: perché 22 milioni di euro al cinema ed all’audiovisivo e poco più di 1 milione di euro a favore del pluralismo informativo?!
In occasione della presentazione odierna, sono emerse questioni interessanti: a fronte di una “economia editoriale” sempre più precaria in Italia (testate prestigiose che tagliano la forza-lavoro, agenzie di stampa nazionali che pagano ormai pochi spiccioli per un servizio affidato ad un collaboratore precario… e basta sfogliare il sito web dell’ Associazione Stampa Romana, per… mettersi a piangere!), il sindacato ha sostenuto che si debbono rispettare le regole (ovvero i contratti collettivi nazionali di lavoro), e si debbono imporre paletti normativi, onde evitare una ulteriore deriva… è altresì vero che, così operando, il sindacato finisce spesso per proteggere chi è già protetto, e sembra disconoscere che esistono centinaia, anzi migliaia, di iniziative giornalistiche, informative, editoriali, che pullulano sul web, e che meriterebbero attenzione (e finanche sostegno pubblico), perché anche internet contribuisce all’estensione del pluralismo informativo… E ci sono migliaia di giovani che alimentano, spesso senza percepire un euro, un’informazione giornalistica sana e vivace…
Non ci sembra che in Italia l’economia e l’ecologia complessive del sistema informativo siano state finora affrontate in modo adeguato. Prevale, ancora una volta, la nasometria, e quindi si governa secondo gli umori del “decision maker” di turno.
A proposito di… “umori”: l’eco della sortita del Vice Presidente del Consiglio Luigi Di Maio è presto giunta, a tarda mattinata: nuovo attacco agli editori. Dopo che il Vice Premier ha accusato gli editori di screditare il M5S, questa mattina Di Maio è tornato alla carica, accusando (in un post su Facebook) il quotidiano “la Repubblica” di avere divulgato “fake news” e chiedendo lo stop alla pubblicità da parte delle aziende di Stato sui giornali (tesi già sostenuta anche dal Sottosegretario con delega all’editoria Vito Crimi) e l’inserimento del taglio ai contributi indiretti in legge di bilancio…
La questione è complessa e controversa: se bene ha fatto a suo tempo Beppe Lopez a puntare i riflettori sulle (tante) magagne dei finanziamenti pubblici alla stampa (resta una lettura obbligatoria il suo stimolante pamphlet di dieci anni fa, “La casta dei giornali”, edito da Stampa Alternativa-Rai), non ci sembra che la questione del sostegno pubblico ai media, alla cultura, all’arte sia stata finora affrontata in Italia in modo serio, organico, globale, sistemico.
Esistono sperequazioni, asimmetrie, contraddizioni, anche nel sostegno pubblico alla stampa, ma è anche vero che il web non è salvifico in sé: eppure ci sembra che il Sottosegretario Vito Crimi abbia cieca fiducia nelle sorti magnifiche e progressive di internet, piuttosto che nei media tradizionali, “stampa” in primis. Il sostegno pubblico ai giornali ed ai media non deve essere ridotto: deve essere ripensato radicalmente, senza discriminazioni tra “carta” e “digitale”, per stimolare realmente il pluralismo, l’innovazione, la creatività… per stimolare il “pensiero dissenziente”, ovvero forme di espressione altre rispetto al “pensiero dominante” (incluso quello che – paradossalmente – sembra emergere da una certa ideologia conformista della rete).