Lunedì scorso si è tenuto alla Mostra del cinema di Venezia, nell’ambito delle giornate degli autori, un importante convegno sul copyright e il diritto d’autore. Scade il termine, infatti, per la presentazione degli emendamenti al testo della direttiva europea sulla materia, varato dalla commissione giuridica ma bloccato dal voto dell’assemblea del parlamento lo scorso luglio. Il testo arriverà di nuovo in sede plenaria il prossimo 12 settembre.
Si respirava all’iniziativa di 100autori, Aidac, Anac e Wgi un’aria di rivincita, quasi una partita di ritorno rispetto al primo tempo. Quando si era scatenato un vero e proprio uragano lobbistico da parte degli Over The Top (Google, Amazon, Facebook, Apple, Twitter) che con scaltrezza si sono appropriati della bandiera della libertà di informazione, approfittando della debolezza di sinistre e movimenti assai attivi sull’argomento in stagioni precedenti. Del resto, va detto che l’articolo 13 del testo, evocato positivamente dal mondo dei produttori di contenuti –giornalistici o culturali- come tutela del lavoro intellettuale, rischia di sortire l’effetto opposto. Com’è noto, infatti, nei testi normativi non contano le buone intenzioni, bensì le asciutte righe dello scritto. Ecco, se non cambia l’articolato, si affida ai medesimi oligarchi dei dati il controllo preventivo dei contenuti per verificare le eventuali infrazioni del diritto d’autore. Come dare al lupo la cura delle pecore. Sia un’autorità terza e indipendente a “sorvegliare e punire”, con un atteggiamento consapevole della diversa percezione del concetto della proprietà intellettuale da parte delle generazioni digitali. Un approccio meramente proibizionista non colpisce certamente la pirateria organizzata, mentre rischia di funzionare solo come deterrente ideologico. Che gli Over The Top siano obbligati a rendere trasparenti le loro macchine algoritmiche e a pagare adeguatamente le tasse: gli autori hanno imposte per 240 milioni di euro, mentre i nuovi zar della conoscenza meno di un decimo.
Insomma, una riscrittura dell’articolo incriminato che ha sollevato le critiche è doverosa. Così come pure all’articolo 11, che impone il pagamento pure per i brevi sunti degli articoli, andrebbe aggiunta la clausola “salvo intese tra le parti”, per auspicare un saggio negoziato tra editori e organizzazioni sindacali teso a incentivare la lettura.
Si riuscirà a sbloccare la situazione? Entra in gioco una inevitabile riflessione geopolitica. La materia non è più nelle mani e nella mente dell’Europa che negli anni ottanta e novanta del secolo scorso si batteva per la “diversità culturale” contro omologazione e negazione dell’autonomia dei media. Il vento sovranista e di destra che si aggira nel continente fa sperare ben poco. Al crescente autoritarismo quell’articolo 13 fa proprio comodo, ma non per limitare la pirateria, bensì per controllare alla fonte idee e contenuti. Come nell’intesa recente tra Google e la Cina, che ha provocato un’inedita protesta di 1400 addetti della società che nasceva proprio vent’anni fa in un garage californiano.
Al convegno veneziano è intervenuta la sottosegretaria del ministero delle attività culturali Lucia Borgonzoni, che ha la delega al cinema e all’audiovisivo. Si è espressa a favore delle richieste degli autori, forse dimentica della forte e opposta presa di posizione del vicepremier Di Maio lo scorso 10 luglio nel corso della presentazione della relazione annuale del garante dei dati personali Soro. E’ scontro tra Lega e 5Stelle?