Un giornalista su sei in Finlandia ha subito attacchi sui social network, ma le redazioni rispondono sviluppando misure di contrasto che si stanno rivelando efficaci, scrive l’USIGRai
Rilanciamo di seguito l’articolo comparso sul sito di USIGRai.
di Monica Pietrangeli
Linguaggio d’odio e minacce online non risparmiano neanche le giornaliste e i giornalisti finlandesi. Uno su sei, secondo un sondaggio commissionato dal sindacato di categoria del paese scandinavo IFJ e relativo al 2016, ha subito attacchi sui social network. Tra i temi sensibili: immigrazione e richiedenti asilo ma anche l’influenza della Russia.
Così le redazioni corrono ai ripari sviluppando misure di contrasto che si stanno rivelando efficaci. Particolarmente interessante e avanzato il progetto del servizio pubblico finlandese Yle, che ha introdotto una sorta di management delle comunità virtuali, un gruppo specializzato di amministratori del dialogo con il pubblico, incaricato di sviluppare nuovi modelli di discussione. Il tentativo è quello di creare sui vari social media una cultura più sana del confronto, mettendo a disposizione della platea riflessioni sulle ragioni che inducono a riversare la rabbia nella rete o sulle regole che caratterizzano il lavoro giornalistico. L’esperimento è stato oggetto di studio da parte dell’IPI (International Institute of Press) che ha realizzato un’interessante intervista con il responsabile del progetto Yle Sami Kovisto (https://ipi.media/at-finlands-yle-helping-audiences-see-journalisms-role/).
L’indagine IPI sui cambiamenti del giornalismo ai tempi dell’odio nella rete è stata realizzata in Finlandia ma i risultati mostrano una situazione analoga a quella di altri paesi europei o degli Stati Uniti. Nei giornalisti cresce la preoccupazione per la normalizzazione dei linguaggi di odio nella società finlandese. La loro presenza attiva sulle varie piattaforme di comunicazione online sta progressivamente annullando la distinzione tra la vita professionale e quella privata. Così gli attacchi online sono rivolti ai giornalisti/e sempre più come persone che per l’attività professionale svolta. Rispetto alla quale l’approccio va velocemente modificandosi: violenza e aggressività contenute nei commenti inducono, ammette la maggior parte degli intervistati, a pensare… Continua su cartadiroma