Leonardo Palmisano, sociologo e scrittore barese, minacciato di morte via Facebook da profili di ragazze nigeriane.
Il messaggio inviato dai profili fake è:“We kill you”, ti uccideremo. Clikkatoci sopra per visualizzare il destinatario, si volatilizzano, messaggio e profilo.
A che cosa serve questo tipo di minaccia e da chi è inviata?
Palmisano ha cercato di capire attraverso quali sistemi si alimenti questo grande “Ministero della Paura”, per dirla con Antonio Albanese.
Ha parlato con esperti di economia criminale, e criminalità informatica, oltre alla polizia postale di Bari, dove ha sporto regolare denuncia.
Agli inquirenti sono note le modalità con cui si attivano questo tipo di attacchi informatici: il lavoro di approfondimento sulla mafia nigeriana che sta portando avanti Palmisano per il suo prossimo romanzo, ha innescato un sofisticato sistema informatico pensato appositamente per “colpire e affondare”, sparendo nel nulla della rete. Squadriglie del tipo “Sorci verdi”, pronte a decollare nel world wide web, per bombardare con messaggi minatori, come in questo caso, o con altri tipi di attacchi, le community virtuali, costituite da persone reali, lasciando macerie di terrore e senso di inquietudine, derivato da fatto che ci si sente sotto il fuoco incrociato di uno o più nemici invisibili.
“Sto facendo da mesi delle ricerche sulla prostituzione gestita dalla mafia nigeriana, nel ghetto foggiano di Borgo Mezzanone. Per questo ho visitato alcuni siti dove ci sono ragazze nigeriane indotte alla prostituzione. Probabilmente – è quanto mi hanno spiegato gli inquirenti – il mio Ip (la carta d’identità digitale di ogni computer che si collega ad internet, ndr) è stato rubato da questi sistemi e inserito in una “white list” a cui inviare messaggi e video pornografici tramite Facebook. Quando però questo sistema ha elaborato ancora i miei dati, giungendo alla conclusione che non ero capitato su quei siti per comprare sesso, allora il sistema ha spostato i miei dati in una “black list” e ha cominciato a minacciarmi”.
Capire dove si trovi la “base di decollo” dei “sorci verdi” del web è difficilissimo se non impossibile.
Si può risalire fino alla nazionalità dei server, ed è comunque indispensabile per capire quali Paesi siano complici di questo sofisticato sistema che attraverso la paura e le fake news cerca di dominare il mondo virtuale, dunque quello reale e le nostre vite.
“Facebook in questo è complice: i primi messaggi pornografici sono arrivati via Facebook e anche le minacce di morte. Dunque questo social network è, nella sua inerzia, complice, e io voglio dimostrarlo”.
La riflessione che fa Palmisano è sulle ricadute che tali algoritmi possano avere sulle persone più deboli e più fragili: “Il pericolo è che siano le persone con meno strumenti di difesa a cadere nella trappola”.
Siamo infatti di fronte a sistemi mafiosi evoluti, come quello nigeriano, che occultano ai nostri occhi, con le fetide baracche dei ghetti degli schiavi del sesso e del lavoro, la vista degli avveniristici grattacieli che ospitano i centri direzionali del mercato mondiale della droga e delle armi.
Nella strategia del grande “Ministero della Paura”, il diritto all’informazione dei cittadini, che passa dalla libertà dei giornalisti di raccontare ciò che vedono, è il primo a cadere tra i diritti fondamentali delle persone. Per questo è indispensabile che ad ogni minaccia verso i giornalisti, ad ogni raid dei “sorci verdi” del web, ci sia il contrappeso dei “partigiani dell’informazione”, di giornalisti che riprendano, approfondiscano, rilanciano le notizie per cui i colleghi sono stati minacciati.
Creare una brigata organizzata di giornalisti liberi che combatta con inchieste scritte con parole, giuste, pacifiche, e verificate: è ora il momento di affilare le penne.