Nel campo profughi di Velika Kladusa, in Bosnia, tra i migranti in condizioni disperate c’è anche un giornalista pakistano che fugge da attentati e minacce. Fino ad un anno fa lavorava tra microfoni e tv, oggi dorme sotto una tenda di plastica col sogno di raggiungere l’Italia. Si chiama Muhammad Yasir, ha 27 anni e ha lavorato per sei anni nella sua città natia, Faisalabad, in Pakistan, come cameraman e reporter per l’emittente televisiva Dunya News.
Nel rapporto 2018 di Freedom House, il Pakistan è classificato come paese “non libero”, mentre nell’indice stilato da Reporter senza frontiere si trova tra i dieci paesi dove è più difficile fare il giornalista. Tra il 2012 e il 2016 in Pakistan si sono verificati 30 omicidi di giornalisti, con una media di un omicidio ogni due mesi.
Dopo essere sopravvissuto a un attacco terroristico, Muhammad Yasir ha deciso di lasciare il Pakistan. Nel novembre 2015, la redazione di Dunya News di Faisalabad è stata oggetto di un attacco dinamitardo nel quale sono rimasti feriti tre colleghi di Muhammad. L’ordigno è stato lanciato negli uffici della redazione da una motocicletta in corsa. L’attacco, i cui esecutori materiali non sono mai stati trovati, è stato rivendicato dal gruppo terroristico “Daulat-i-Islamia-Khorasan” legato all’ISIS.
Muhammad ha deciso di partire per l’Europa in cerca di un nuovo lavoro e una nuova vita. “I talebani hanno distrutto il mio ufficio nel 2015, e hanno attentato alla mia casa – racconta ad Agorà Rai3 – Ci sono grossi problemi in Pakistan. Ho raggiunto Istanbul e da lì la Bulgaria, poi la Romania e l’Ungheria. Sono stato due mesi in un campo in Serbia e dopo Bosnia”. Un mese fa era riuscito a passare il confine croato ma la polizia lo ha scoperto: “Sei o sette poliziotti mi hanno picchiato. Ho perso tutto: il mio telefono, i miei soldi. L’inverno sta arrivando, ho paura. Vorrei andare in Italia, da mio zio a Cagliari”
Articolo 21 ha deciso di lanciare una campagna di crowdfunding per aiutare e sostenere Muhammad. Tutti noi vorremmo che arrivasse in Italia e continuasse a fare il suo lavoro di reporter.
Ringraziamo l’Osservatorio Balcani e Caucaso e Agorà Rai3 per averci segnalato la sua storia.