Per fortuna, in tanta malora, ci sono anche giorni in cui si può essere orgogliosi dell’Europa e del fatto che, quanto meno, ogni tanto si sforzi di preservare la propria dignità e i valori sui quali si dovrebbe fondare. Oggi è uno di quei giorni ed è una data davvero importante, direi quasi fondativa, in quanto finalmente il Parlamento europeo ha sancito che il governo ungherese non può essere considerato un esecutivo normale, frutto di una maggioranza regolarmente eletta. Il governo Orbán è un regime che viola sistematicamente, da anni, le più elementari norme relative ai diritti sociali e civili, alla libertà d’espressione e d’informazione, al valore della vita e al dovere dell’accoglienza nei confronti chi fugge dalla miseria e dalla guerra.
Il governo Orbán deve essere, pertanto, sanzionato fino al punto, se necessario, di espellere l’Ungheria dall’Unione Europea, poiché i princìpi che esso incarna stanno facendo scuola anche altrove, consegnando il Vecchio Continente fra le braccia di personaggi squallidi e pericolosi, il cui intento, neanche troppo nascosto, è quello di sfasciare tutto e riconsegnarci ad un sistema di piccole patrie ininfluenti in grado di esaltare il loro nazionalismo d’accatto.
Orbán non è un interlocutore qualsiasi e, se non dovesse ravvedersi, l’Unione Europea non deve esitare a chiedere ai singoli stati membri di ritirare i propri ambasciatori dall’Ungheria e ad aprire un conflitto epocale, fino ad arrivare al punto, lo ribadisco, di prendere in considerazione l’espulsione di un paese che si è posto fuori dalle norme basilari di una democrazia occidentale.
Il voto odierno, per il quale bisogna ringraziare espressamente il M5S per essersi smarcato dalla Lega di Salvini, segna una necessaria inversione di rotta rispetto al passato, ponendo finalmente al centro dell’attenzione il bisogno di dotarsi di una Costituzione continentale che renda impossibile l’adesione al progetto comunitario di nazioni guidate da soggetti che vogliono ricondurci al Medioevo. E guai a chi si appella, strumentalmente o con somma ignoranza, all’autodeterminazione dei popoli, accusandoci di voler imporre una sorta di pensiero unico, perché qui si tratta di ristabilire dei princìpi troppo a lungo calpestati e oggi riapparsi grazie alla coraggiosa parlamentare olandese dei Verdi, onorevole Judith Sargentini, la quale si è appellata all’articolo 7 del Trattato sull’Unione Europea per avviare una storica azione contro un governo neofascista.
Orbán deve essere sconfitto nelle urne, d’accordo, ma forse, dopo la giornata odierna, a qualche estimatore del Gruppo di Visegrád sarà venuto il dubbio che non convenga più di tanto tentare di reintrodurre in Europa i germi del nazismo, dato che il tessuto sociale della medesima, per quanto sfibrato, resiste ancora ed è ancora capace di respingere la marea nera montante.
Adesso tocca ai capi di Stato e di governo compiere il prossimo, decisivo passo per isolarlo e arginare così la barbarie, ma intanto un primo colpo è stato battuto, una prima sconfitta l’hanno accusata e chiunque si opponga alla deriva in atto, socialista o liberale che sia, può dirsi soddisfatto e trarre nuova linfa per combattere la battaglia decisiva che avrà il suo culmine nel prossimo mese di maggio.
Se i popolari, come purtroppo sembra, dovessero invece arrendersi allo scempio costituito dai fascistoidi, legittimandone l’abisso per mero cinismo e convenienza elettorale, il passo verso gli anni Trenta sarebbe breve. Sta a tutti noi, ciascuno nel suo campo e senza ammucchiate insulse, contrastare questo degrado della civiltà e della politica.
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