Salvini e Di Maio, mors tua vita mea, si giocano le promesse elettorali. Tria deciso a mantenere all’1,6% il rapporto deficit/pil
Nulla di fatto al vertice della maggioranza convocato a Palazzo Chigi nella tarda serata di lunedì. Ci viene il dubbio che Conte, facente funzione di presidente del Consiglio, i vicepremier, Salvini, la cui principale occupazione è la caccia al migrante e quando è libero da questo impegno, tenere sotto controllo stretto il suo collega vicepremier, Di Maio perché non si allarghi troppo a proposito di reddito di cittadinanza, non abbiano piena consapevolezza di cosa rappresenti il Def, documento di Economia e Finanza. Spetta loro, insieme al titolare del ministero dell’Economia, Tria, che porta la primaria responsabilità anche nei confronti della Commissione Europea, partorire prima il Def, entro il 27 di questo mese e poi il Bilancio entro la metà di ottobre. Se le date non saranno rispettate la Ue metterà sotto controllo il nostro Paese. A noi pare che mentre Tria metteva al lavoro l’apparato tecnico del suo ministero, partecipava ai vertici europei, incontrava i Commissari, in particolare Moscovici e Dombrovskis, si sentiva con il presidente Juncker, prendeva l’impegno di contenere all’1,6% il rapporto deficit/Pil. Solo in un tale contesto il ministro dell’Economia pensa di ottenere da Bruxelles il via libera ad una sostanziosa flessibilità, passando dallo 0,9% all’1,6%, in soldoni 12,6 miliardi, quelli che servono per fermare l’aumento dell’Iva. Ma la realtà della nostra situazione economica pare essere ignorata da Conte, Salvini, Di Maio. Forse non hanno neppure ben chiaro cosa significhi aggiustamento del Def, il documento redatto dal governo Gentiloni quando le previsioni di crescita per il 2018 erano dell’1,5%. Poi si sono abbassate all’1,3%. Per il 2019, il governo gialloverde deve operare sapendo che la crescita sarà dell’1,1% e non dell’1,2%. Numeri piccoli ma quando si parla di miliardi diventano molto alti. Aggiungiamo il calo della produzione, l’aumento dei lavoratori precari, la diminuzione dell’export nel mese di luglio e il quadro, in negativo, è completo.
I problemi reali del paese non sono presenti al tavolo di Palazzo Chigi
È questa la situazione in cui Conte, i suoi vice Salvini e Di Maio, il ministro Tria, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giorgetti, si sono riuniti a Palazzo Chigi non per affrontare i reali problemi del Paese, la situazione economica che ogni giorno va di male in peggio, ma per dare corso alle promesse elettorali. Flat tax, pace fiscale, legge Fornero da smontare sono i cardini della manovra per Salvini. Reddito di cittadinanza, sistema pensionistico da rivedere per i pentastellati, ma in realtà non sono molto interessati, gli obiettivi su cui Di Maio punta tutte le sue carte. E attacca l’alleato Salvini. “Il M55 non è disponibile a votare alcun condono – afferma il vicepremier pentastellato – se stiamo parlando di pace fiscale, di saldo a stralcio siamo d’accordo. Se invece parliamo di condono non siamo assolutamente d’accordo”. Ci viene da chiedere al Di Maio se, quando ha sottoscritto il contratto di governo, non poteva chiarire, dicendo chiaro e forte mai il condono? Poi ancor prima che inizi il supervertice, Salvini si dice sia in ritardo, Di Maio fa presente “che il reddito di cittadinanza” è nel contratto. Già ma quando le promesse diventeranno legge? Mai, perché i soldi non ci sono. Allora, questo supervertice intanto deve chiarire qual è il punto di caduta. Se Tria intende mantenere le promesse, stare dentro l’1,6% nel rapporto fra deficit e Pil, le promesse elettorali resteranno solo promesse. Intorno ad un unico osso cercheranno di rosicchiare Di Maio e Salvini. Il supervertice, forse, riuscirà ad individuare date, fra un anno o due, in cui la manovra di Bilancio, ridotta ai minimi termini, entrerà in funzione. O forse, chissà, non ci sarà più questo governo. Che non lascerà rimpianti. Anche perché uno come Conte che parla di un “vertice sulla manovra in totale armonia”, talmente totale che dalla riunione non è uscito neppure un numero per definire l’aggiustamento al Def e poi impostare il Bilancio perché Salvini e Di Maio hanno solo cercato di tirare l’acqua al proprio mulino. Non solo, sia Conte che i due vice, hanno fatto sapere che quel mucchio di miliardi necessari per dare attuazione al “contratto di governo” si può mettere insieme combattendo gli sprechi. Cosa encomiabile ma certamente del tutto insufficiente per dare attuazione al libro dei sogni, alle promesse dei leghisti e dei pentastellati.