Per oltre due decenni, Shah Marai aveva raccontato con le immagini inviate alla France Presse il conflitto in Afghanistan. In un periodo in cui l’attenzione del mondo stava scemando, insieme ad altri giornalisti aveva continuato a raccontare le storie delle vittime civili che, tra morti e feriti, ha raggiunto in questi ultimi anni numeri record.
Il 30 aprile di quest’anno ha perso la vita, insieme ad altri nove giornalisti, nel peggiore attacco mai compiuto contro gli operatori dell’informazione. La tattica, subdola e cinica, sempre la stessa: colpire con un secondo attentato soccorritori e giornalisti accorsi sul luogo attaccato minuti prima.
Il 2018 è stato l’anno più mortale per i giornalisti in Afghanistan. Non è ancora terminato e ne sono stati assassinati già 12. Il totale degli ultimi 10 anni è salito a 34, per non parlare del numero ancora più elevato di feriti.
All’inizio di settembre, due giornalisti di TOLO News avevano perso la vita mentre trasmettevano in diretta da Qala-e-Nazer, un quartiere di Kabul a maggioranza hazara, come sempre subito dopo un attentato.
Amnesty International e il collettivo artistico Artlords hanno inaugurato nel centro di Kabul un murale dedicato alla memoria di Shah Marai.
Il murale mostra Shah Marai mentre tiene in mano la sua videocamera e un gruppo di difensori dei diritti umani dietro a uno striscione.
Il titolo del murale è “Shuja”, la traduzione di “Coraggio” in lingua dari. Il testo recita: “Non ti dimenticheremo. Tu hai difeso la giustizia, l’uguaglianza e tutti noi!”.