Ho sottoscritto il manifesto di Assisi prima di essere eletto presidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti e dopo il voto dei colleghi l’ho incorniciato e l’ho collocato sulla parete alle mie spalle proprio per sottolinearne l’importanza a qualunque interlocutore abbia occasione di recarsi nella presidenza dell’ente pubblico associativo. Le parole sono il nostro strumento e devono essere utilizzate sempre per favorire dialogo e pace. Sono i principi della nostra carta Costituzionale ad esigerlo. Ecco perche’ non e’ nemmeno necessaria un’indicazione deontologica ulteriore, che sembrerebbe voler affievolire il diritto di critica anche aspro.Su questi aspetti chi norma deve essere molto attento alle liberta’.Ma c’e’ sempre un limite che non puo’ essere superato e le norme di sistema esistenti consentono sicuramente ai consigli di disciplina di intervenire nei casi piu’ eclatanti.Da questo punto di vista la mia e’ una posizione molto anglosassone. Ritengo che nel nostro Paese ci sia una ridondanza di leggi e una troppa ampia discrezionalità’ nella loro applicazione.
Deve invece lievitare una cultura che il manifesto di Assisi promuove.Una carta che ha bisogno di promozione piu’ che di emendamenti, che farebbero perdere di vista l’obiettivo principale.Concentrerei gli sforzi su questo e credo che le iniziative di formazione continua, cui tutti i giornalisti sono tenuti a partecipare, possano costituire un’opportunita’ utilissima per sviluppare il discorso intorno al ruolo del giornalismo per la creazione di un vero spirito di comunità. La vorrei così la fase 2 del manifesto di Assisi, senza ripensamenti, precisazioni, miglioramenti di dettagli. La missione ora è nella divulgazione e nella sensibilizzazione . L’Ordine dei giornalisti in questa direzione proverà a fare la propria parte.