Che dire di Rita Borsellino, della sua vita intensa, tragica sempre dalla parte della giustizia e della verità, segnata da innumerevoli sconfitte e dal lutto, superiore ad ogni altra tragedia, dell’assassinio del fratello Paolo ad opera della mafia?
Che dire di questa donna esile e tenacissima, determinata a lottare nonostante il tumore che l’ha portata via all’età di settantatre anni, indomita fino all’ultimo giorno, sempre pronta ad incontrare studenti, insegnanti e tanti, tantissimi giovani cui, con la sua morte, ha passato il testimone?
“Mio fratello Paolo – asseriva – non era un eroe ma un uomo che non scendeva a compromessi”, soprattutto se i compromessi assumevano le sembianze di accordi sottobanco con quei poteri luridi che aveva combattuto per tutta la vita, ritenendoli, a ragione, i principali responsabili del degrado e del declino del nostro Paese.
Rita Borsellino, al pari del fratello Salvatore, non si è mai arresa, non ha mai smesso di lottare, di cercare, di credere nella possibilità di giungere a quella verità che depistaggi, omissioni e insabbiamenti di varia natura hanno sempre allontanato e tenuto nell’ombra, alimentando i sospetti su un possibile coinvolgimento dello Stato nella strategia stragista di Cosa Nostra e in tutto ciò che di negativo è derivato da quella maledetta stagione.
Non si è rassegnata Rita, supportata nella sua battaglia per la legalità da persone straordinarie come don Ciotti e dall’associazione Libera ma, soprattutto, da tanti cittadini comuni, in particolare ragazzi, stanchi di vivere in un clima di omertà, di menzogna e di acquiescenza nei confronti di un mostro con il quale non è tollerabile alcuna forma di dialogo, essendo la negazione stessa della dignità umana.
Di Rita Borsellino conservo il ricordo politico del suo impegno attivo, delle sue candidature, del suo sforzo per rendere migliore la Sicilia e per portare in Europa una voce diversa, alternativa, nobile, con lo scopo di portare un po’ di Europa, la migliore, quella di cui avremmo un disperato bisogno, anche all’interno dei nostri confini.
Ricordo una donna segnata dai lutti e dalle bugie, cosciente che i nemici siano molto più ramificati di quanto molti pensino e tuttavia per nulla disposta a ritirarsi o ad accettare un’insopportabile convivenza con la banalità del male.
Di Rita conservo, infine, lo sguardo: enigmatico, penetrante, intenso, lo sguardo tipico di chi sa di essere stato tradito da persone di cui un tempo si fidava e che, nonostante questo, non si dà per vinto.
È voluta rimanere fino alla fine ad abitare nella casa di famiglia in via D’Amelio, affinché un luogo di morte tornasse, in qualche modo, a profumare di vita.
Non so se sia felice ora che lassù ha potuto riabbracciare Paolo. So, però, con certezza che tutta la sua esistenza è stata un inno alla coerenza e alla determinazione e che per questo e per mille altri motivi non finiremo mai di ringraziarla.
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