A cinquant’anni esatti dall’invasione sovietica ricordiamo la Primavera di Praga con l’omonimo brano di Francesco Guccini, carico di echi storici e in grado di trasmette alla perfezione i sentimenti generali del periodo.
Di antichi fasti la piazza vestita
grigia guardava la nuova sua vita
come ogni giorno la notte arrivava
frasi consuete sui muri di Praga.
Ma poi la piazza fermò la sua vita
e breve ebbe un grido la folla smarrita
quando la fiamma violenta ed atroce
spezzò gridando ogni suono di voce.
Son come falchi quei carri appostati
corron parole sui visi arrossati
corre il dolore bruciando ogni strada
e lancia grida ogni muro di Praga.
Quando la piazza fermò la sua vita
sudava sangue la folla ferita
quando la fiamma col suo fumo nero
lasciò la terra e si alzò verso il cielo.
Quando ciascuno ebbe tinta la mano
quando quel fumo si sparse lontano
Jan Hus di nuovo sul rogo bruciava
all’orizzonte del cielo di Praga.
Dimmi chi sono quegli uomini lenti
coi pugni stretti e con l’odio fra denti
dimmi chi sono quegli uomini stanchi
di chinar la testa e di tirare avanti
Dimmi chi era che il corpo portava
la città intera che lo accompagnava
la città intera che muta lanciava
una speranza nel cielo di Praga.