Non sono ai funerali, sono in mezzo alla città mezza vuota, mezza ferma, le serrande stanno andando giù, del tutto o a metà. Dentro tv accese, volume abbassato, immagini.
Dalle campane delle chiese che poco fa, quasi tutte, hanno suonato l’annuncio dei funerali in un clima strano, silente, irreale, della città, rispettoso, attonito come avremmo scritto da cronisti un po’ datati. I 21 rintocchi del campanone del monumento di piazza Mameli a Savona. Le sirene delle navi.
E gli applausi, immancabili, ai funerali in corso. Anche qui, una foto emblematica di come siamo oggi, e non è solo possibile claque. No, è una nostra precisa fotografia. A Genova e Liguria, come altrove dove il baco della cattiveria, del nemico, dell’oltraggio sta corrodendo dalle radici.
Quanto accade oggi non è pietas o commozione, quantomeno per una buona parte.
È il senso del voto di mesi fa. Sentirci dire cosa vogliamo sentire per la nostra pancia. Teste che rotolano, annunci truculenti, giustizia comunque sommaria. E applausi al governo, credo mai successo in un dopo tragedia simile.
Emblematico, riflettiamoci.
È, siamo noi. Ricordate sputi, insulti, casini, vaffa, in occasione dei precedenti innumerevoli episodi drammatici (terrorismo, disastri, incidenti…) nei confronti dei politici?
Oggi in po’ di fischi a Martina e Pinotti, applausi a Salvini e Di Maio che contrastano con quelli a Mattarella. Che c’azzecca la stessa persona che applaude il pompiere e Mattarella con il battimano a Salvini e Di Maio? Claque? Non so, ma in buona parte siamo noi, tutti, compreso chi come molti di noi la pensa diversamente ma non ha saputo o non è riuscito, non siamo riusciti, a creare e consolidare qualcosa di diverso. Nessun riferimento nei giorni scorsi, da molta parte della politica, alla morte di Rita Borsellino, tutto ci sta, tutto si prende.
Applausi e campane. A ciascuno i suoi e la sua. E nessuno di noi può considerarsi assolto o pensare alla propria, presunta, superiorità morale, culturale.