Uno sbirro vero. Era questo Ninni Cassarà (all’anagrafe Antonino), uno dei più bravi della Questura di Palermo.
Gli sbirri della mobile amavano il proprio mestiere. Lo facevano e basta. Ninni Cassarà era stato a Reggio Calabria e poi Trapani. Qui aveva scoperto di tutto e di più: dai mafiosi ai politici, sino a massoni e pubblici amministratori collusi. E allora era scattato il trasferimento a Palermo dove nasceva il pool antimafia voluto da Rocco Chinnici, in cui lavoravano Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
E Cassarà lavorò a stretto contatto con loro. Falcone si fidava ciecamente di Ninni. Era il suo braccio operativo.
Il 6 agosto 1985, 33 anni fa, mentre Cassarà rientrava nella sua abitazione di Palermo, un gruppo di circa 10 uomini armati sparava sull’Alfetta che trasportava il funzionario ed i tre agenti che lo scortavano.
Ninni Cassarà e l’agente Roberto Antiochia restano uccisi nel conflitto a fuoco, uno degli altri agenti riporta ferite gravissime, il quarto agente, Natale Mondo resta illeso (ma sarebbe stato ucciso anch’egli il 14 gennaio 1988).
Cassarà muore tra le braccia della moglie, accorsa sulle scale di casa.
Cassarà, uno sbirro vero: per questo cosa nostra volle ucciderlo.
Ed a noi non rimane che ricordarlo così, con il sorriso sornione sotto ai baffi.
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